Per la prima volta in Italia i documentari in giro per il mondo del grande regista tedesco, grazie al sostegno della Fondazione Cassa di Risparmio. Anteprima nazionale il 31 ottobre dell’elettrizzante “Grizzly Man”.


Il tedesco Werner Herzog è un grande e famoso regista; ma la sua straordinaria produzione documentaristica, affascinante e personalissima, è quasi del tutto ignota (salvo pochi titoli) in Italia. Per la prima volta, grazie al sostegno economico della Fondazione Cassa di Risparmio di Modena, è stato possibile organizzare in Italia una retrospettiva pressoché completa dei numerosissimi docufilm girati dal regista tedesco a partire dai primi anni ’70 fino ai giorni nostri.

La rassegna, intitolata “Al limite estremo” e curata, insieme al catalogo, dai critici Luisa Ceretto e Alberto Morsiani, presenta, nel corso di dodici serate, ben ventuno film del regista, moltissimi dei quali sottotitolati in italiano per l’occasione e molti dei quali provenienti direttamente dalla Werner Herzog Film di Monaco di Baviera, e si apre con l’anteprima nazionale concessa da Fandango (il film uscirà nelle sale a fine novembre) dell’ultimo documentario di Herzog, il sensazionale “Grizzly Man”, in programma alla sala Truffaut martedì 31 ottobre.

In questo film, il regista esplora la vita e la morte dell’esperto dilettante di orsi grizzly e ambientalista Timothy Treadwell. Treadwell è vissuto disarmato tra gli orsi per tredici estati, e ha filmato le sue avventure durante le ultime cinque stagioni. Nell’ottobre del 2003, i resti di Treadwell, insieme a quelli della sua ragazza, sono stati rinvenuti presso il loro accampamento all’interno del Katmai National Park and Reserve in Alaska. Erano stati dilaniati e divorati da un grizzly (l’orso sospettato dell’uccisione è stato poi abbattuto). Nel film, Herzog indaga non solo il mistero della natura selvaggia, proponendo spettacolari riprese di enormi grizzly nel loro ambiente naturale, ma anche il mistero della natura umana allorché documenta gli ultimi anni di Treadwell nella wilderness, le sue emozioni umane troppo umane come vanità, rabbia, paranoia e solitudine: il ritratto sfumato di una figura complessa e commovente, di un eroe coraggioso che, come piace al regista, si spinge “al limite estremo”.

La serata viene presentata, oltre che dai due curatori, dall’assessore alla cultura Mario Lugli e da Gianpaolo Caselli della Fondazione. Di seguito, fino ai primi di dicembre, la sala Truffaut di Modena ospiterà gli altri venti film della rassegna: da film già noti come “Fata Morgana” (1971), “Il paese del silenzio e dell’oscurità” (1971), “La Soufrière” (1976), “Kinski – Il mio nemico più caro” (1999), attraverso titoli pressoché sconosciuti come “Apocalisse nel deserto” (1992), “Campane dal profondo” (1993), “Il piccolo Dieter vuole volare” (1997), “Gasherbrum – La montagna lucente” (1984), “La ballata del piccolo soldato” (1984), “Jag Mandir” (1991), “Cristo e i demoni nella nuova Spagna” (1999), “Morte per cinque voci” (1995), “Pellegrinaggio” (2001) e altri, fino alle ultimissime cose: “La ruota del tempo” (2003) “Il diamante bianco” (2004), “L’ignoto spazio profondo” (2005).

Il fare documentario di Herzog è costruito su immagini di una natura impressionante e incombente, ricercata nei luoghi più impervi ed estremi del mondo (dai ghiacciai del Nord alle savane, ai deserti e alle giungle del Sud), e, insieme, nei resti desolati del fallimento di una civiltà che riempie di disagio. Dalla visione apocalittica sui fuochi appiccati ai pozzi di petrolio in Kuwait alle forme di superstizione religiosa in Russia; dalle vicissitudini di un aviatore evaso dalle carceri del Laos alle imprese sportive estreme di un saltatore con gli sci o dell’alpinista Messner, dall’eroismo di una sordocieca che assiste gli altri alla ferocia del cannibale Bokassa: tutto si tiene ed emerge una poetica dell’eccezionalità che mescola il rimpianto per un’epoca perduta di coraggio e grandeur alla sensibilità per personaggi segnati da una radicale “alterità” rispetto al quotidiano.
Un ideale punto d’arrivo del filone del romanticismo tedesco, in cui si mescolano arte e vita; e il cinema, realizzato in condizioni obbligatoriamente proibitive, diventa allora rischio suicida, sfida titanica dell’artista che cerca di domare la realtà e cercare immagini “non ancora viste”.


Werner Herzog è nato a Monaco di Baviera nel 1942. Non termina gli studi all’università per dedicarsi al cinema, che si paga lavorando in una fabbrica. L’esordio è nel 1968 con “Segni di vita”. I suoi film di fiction più noti sono “Aguirre, furore di Dio (1972), “L’enigma di Kaspar Hauser” (1974), “Nosferatu, il principe delle tenebre” (1978), “Fitzcarraldo” (1981), “Grido di pietra” (1991).