“Abbiamo apprezzato la filosofia generale della proposta della Giunta Regionale per il Piano energetico regionale (misure per l’efficienza e il risparmio energetico, crescita della produzione di energia da fonti rinnovabili, raggiungimento impegni stabiliti nel protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di gas climalteranti)”.

“Con questa logica, per quanto riguarda l’energia elettrica, vengono corrette le stime delle precedenti bozze di piani e si ipotizza il pareggio tra produzione e domanda di energia al 2010. In tal modo non si prevedono nuove centrali tradizionali, ma si indica che tutta la nuova produzione provenga da fonti rinnovabili.
Sulle previsioni di 900 MW di potenza aggiuntiva al 2015, obiettiamo invece se non sia possibile realizzare una sostanziale stabilizzazione nei consumi, considerando che i dati tratti dalla stessa proposta di Piano dicono che più o meno tutti gli indicatori energetici in Emilia Romagna sono più alti della media nazionale. Ciò dimostra quanto spazio ci sia per interventi di razionalizzazione, di risparmio ed efficienza energetica.
Il punto più debole dell’intero Piano a noi sembra la previsione del raggiungimento dei livelli di riduzione delle emissioni secondo i parametri del protocollo di Kyoto che oggi, dopo il recentissimo accordo europeo sul clima, indica limiti ancora più ambiziosi per le emissioni. Un obiettivo di questo tipo può dare risultati anche migliori di quelli ipotizzati, o viceversa molto peggiori, a seconda del coinvolgimento effettivo nella realizzazione delle azioni previste di tutti i soggetti in campo (pubblici, privati, fino ai comportamenti individuali). E’ perciò necessario che il primo Piano triennale di intervento, i programmi annuali approvati dalla Giunta e poi i piani programma degli enti locali, contengano obiettivi intermedi e strumenti di verifica a consuntivo, anche avvalendosi dell’osservatorio dell’energia, per poter tempestivamente portare le eventuali correzioni.
Non è immaginabile che il mercato liberalizzato o la volontà dei gestori raggiunga spontaneamente i risultati (anzi la tendenza sarà solo verso un aumento dei fatturati). Servono dunque nuovi strumenti per governare il sistema energetico, serve un nuovo ruolo pubblico: norme aggiuntive più cogenti; la promozione di percorsi, che coinvolgano tutti i soggetti interessati anche con incentivi e disincentivi. Misure incentivanti sono previste a vario titolo (finanziaria 2007, fondi strutturali, ecc., oltre che lo stesso fondo regionale per l’attuazione del piano); le norme cogenti vanno messe a punto ed integrate, per avere un mix di strumenti efficaci”.

Costruire filiere agro-energetiche in Emilia Romagna
Serve inoltre un indirizzo più preciso per lo sviluppo di tutte le fonti rinnovabili. La gran parte dei progetti di produzione energetica ipotizzati in regione si fondano sull’uso delle biomasse e delle cosiddette fonti assimilate, incluso i rifiuti (o parti di essi come il cosiddetto biostabilizzato). E’ necessario che la normativa regionale venga adeguata (art. 1 comma 5 L.R. 26/04), distinguendo tra una produzione energetica da fonti effettivamente rinnovabili (sole, vento, piccolo idroelettrico, biomasse endogene) e termovalorizzazione dei rifiuti. Se per le prime è giusto promuoverne la crescita anche con incentivi, per la seconda non vanno previsti incrementi oltre agli impianti già funzionanti, e tanto meno vanno previsti incentivi. Le biomasse dovrebbero essere esclusivamente di produzione locale, con bacini di conferimento in un raggio attorno ai 35 – 50 km, sia per ridurre i costi dei trasporti che l’impatto ambientale. La materia prima, che non può essere reperita solo localmente, deve avere comunque requisiti di rintracciabilità e certificazione, prevedendo l’analisi delle diverse fasi della filiera bio-energetica (produzione, trasformazione, stoccaggio trasporto, uso finale) e un bilancio energetico complessivo.
Ma le fonti rinnovabili non servono solo per produrre elettricità (per la quale vanno privilegiati i progetti a più alto rendimento, ad esempio con il recupero del calore residuo); va promossa anche la produzione di biocarburanti (bioetanolo e biodiesel) e di biogas, con una apposita previsione nel piano che allo stato non c’è.
Per la Cgil è prioritaria la costruzione di filiere agro-energetiche in regione con tali caratteristiche. In questo quadro la riconversione dei siti degli zuccherifici dismessi può essere una grande opportunità; è evidente che i progetti relativi, già in corso di definizione, devono avere la priorità rispetto ad altre ipotesi, anche per poter dare risposte occupazionali qualificate ai lavoratori che vi erano occupati.
Programmazione territoriale
La liberalizzazione nella gestione e nella produzione di energia non può significare eludere qualsiasi programmazione territoriale. E’ necessario che il Piano Regionale detti vincoli precisi lasciando poi alle province e agli enti locali il compito di procedere alle autorizzazioni, anche scegliendo tra progetti diversi, sulla base della loro qualità. Oggi quasi sempre ci si trova in una situazione paradossale in cui i produttori premono per la realizzazione di qualsiasi progetto non considerando impatti e programmazioni e contemporaneamente, anche come risposta condizionata, nascono comitati di cittadini che si battono contro qualsiasi ipotesi di nuovo insediamento (nel territorio a loro vicino), magari anche quando il progetto può essere necessario e compatibile. Procedure e vincoli più chiari sulle autorizzazioni, assieme ad un maggiore coinvolgimento delle popolazioni, potrebbero agevolare la realizzazione degli insediamenti che si ritengono necessari e compatibili.
Efficienza energetica nei cicli produttivi
Il sistema produttivo dell’Emilia Romagna (nel quale l’industria consuma il 33% dell’intero fabbisogno energetico regionale) dovrebbe essere tra i maggiori protagonisti di un salto qualitativo sulle politiche energetiche. Siamo convinti che si produrrebbero anche grandi vantaggi competitivi per il nostro sistema economico se si cogliesse l’occasione per sperimentare interventi di razionalizzazione dei consumi nei cicli produttivi, a partire dai settori maggiormente “energivori”, dalla mobilità alla logistica, e si utilizzasse questa esperienza per consumare meno e meglio (non solo per quanto riguarda l’energia elettrica) trasferendola anche nella progettazione dei prodotti, mettendo in pratica le Politiche Integrate di Prodotto (IPP) che indurrebbero una grande attività di innovazione verso prodotti ambientalmente e socialmente sostenibili.
Gli impegni della Cgil
Il successo degli obiettivi del piano è legato alla responsabilità e all’impegno che ogni soggetto coinvolto saprà mettere in campo. Come sindacato ci stiamo impegnando verso alcuni orientamenti innovativi:
– far diventare la questione dell’efficienza energetica nei cicli produttivi una rivendicazione da presentare insieme a quelle più classiche sugli investimenti per la qualificazione dello sviluppo: a questo fine, oltre ad elaborare specifiche richieste in sede di contrattazione nelle aziende, intendiamo sollecitare tutte le organizzazioni di rappresentanza imprenditoriale a discutere e definire precisi protocolli di intesa a livello territoriale e/o regionale;
– avviare una campagna di sensibilizzazione verso gli iscritti e i lavoratori per una corretta informazione sulle misure di risparmio energetico, anche offrendo assistenza sulle opportunità dell’ultima finanziaria per l’efficientamento energetico dell’abitazione, e per sostenere comportamenti coerenti e responsabili nei consumi. Parallelamente anche il sindacato nella sua specifica attività si impegna ad applicare tutte le misure per il risparmio e l’uso razionale delle risorse (raccolta differenziata, revisione degli impianti o installazione di pannelli solari sui tetti delle proprie sedi).

(Cgil Emilia Romagna)