A cento anni dalla nascita, avvenuta il 10 giugno 1907, Modena rende omaggio allo scrittore Antonio Delfini, uno degli autori più originali, eccentrici e incompresi del ‘900. L’appuntamento è per sabato 9 giugno alle 18 nella piazzetta della biblioteca civica di corso Canalgrande 103, che dal novembre 1992 porta il suo nome (informazioni al numero 059 2032940 e nel sito Biblioteche Comune Modena.


L’attore Claudio Ponzana proporrà al pubblico la lettura di pagine scelte dalle opere di Delfini: si spazia da storie tratte dai “Racconti” a brani di “Modena 1831 città della chartreuse”, dalle “Poesie della fine del mondo” a “Note di uno sconosciuto”, da “Misa Bovetti e altre cronache” ai “Diari”.
Ai lettori che prenderanno un libro in prestito, la biblioteca regalerà inoltre un piccolo quaderno con disegni inediti di Stefano Ricci ispirati alle opere di Delfini. Bolognese residente ad Amburgo, docente di Fumetto e grafica contemporanea al Dams di Gorizia e di Disegno all’Università delle arti applicate di Amburgo, Stefano Ricci ha collaborato con numerose riviste italiane e straniere, ha pubblicato libri illustrati e ha lavorato per il teatro. I disegni originali, per concessione della galleria d’arte D406, saranno esposti fino a fine giugno nella Piazzetta della biblioteca. In questo spazio e nella sala della chiesa si potranno ammirare, sempre fino a fine giugno, immagini dalla mostra documentaria curata da Franco Vaccari nel 1983 alla Palazzina dei Giardini di Modena in occasione del ventennale della morte dello scrittore, quando il Servizio biblioteche del Comune promosse il riordino dei manoscritti ritrovati nella villa familiare di Cavezzo (fondo oggi conservato alla Biblioteca Estense), un convegno di studi e una mostra documentaria.

“Più passano gli anni, più la figura di Antonio Delfini scrittore e moralista cresce d’importanza agli occhi dei contemporanei” ha scritto il critico Marco Belpoliti. “Delfini è per molti qualcosa di più di un riferimento. Eppure, se c’è qualcosa di inimitabile, è proprio la scrittura di Delfini, il suo modo tutto particolare di fare letteratura senza farla mai.
Ma prima di questi riconoscimenti, lo scrittore conosce una fortuna editoriale travagliata. Nasce a Modena in una ricca famiglia di proprietari terrieri e, anche se non vi risiede in modo regolare, mantiene un legame profondo con la città natale, di cui racconta mirabilmente ambienti e personaggi.
Non compie studi regolari e la sua formazione autodidatta è legata ad amicizie giovanili come quelle con Ugo Guandalini (il futuro editore Guanda) e Mario Pannunzio. Nel 1931 pubblica “Ritorno in città”, raccolta di brevi prose che lo segnala come autore di originale freschezza. Del 1938 è la prima edizione del suo libro più noto, “Il ricordo della Basca”, ristampato nel 1956 con un'”Introduzione” narrativa giudicata il suo capolavoro. Nel 1940 pubblica uno dei pochi testi del surrealismo italiano, “Il fanalino della Battimonda”.
Nel secondo dopoguerra, Delfini è segnato da vicende molto dolorose. Continua a scrivere, ma il suo sradicamento si acuisce. Nel 1957 esce l’antologia “La Rosina perduta”; nel 1960 la raccolta di prose satiriche “Misa Bovetti e altre cronache”. Seguiranno le “Poesie della fine del mondo” (1961) e “Modena 1831 città della Chartreuse” (1962), ultimo libro pubblicato in vita. Nel 1963 “Il ricordo della Basca”, ripubblicato col titolo “I racconti”, vince il Premio Viareggio. Nel 1982 escono postumi i “Diari”.
Ha scritto Natalia Ginzburg, che di Delfini amava la rapidità vertiginosa e la libertà: i suoi racconti “lasciano la sensazione che la vita sia rapidissima, imprevedibile e ferocemente crudele”.