Oltre duemila lavoratori del comparto autonomie locali dell’Emilia Romagna hanno partecipato questa mattina a un presidio davanti alle sedi regionali Anci e Upi, che si è presto trasformato in un vero e proprio corteo, che ha percorso viale Silvani, via Emilia Ponente e via dello Scalo per tornare al punto di partenza. Al centro della protesta il rinnovo del contratto nazionale.

Sono oltre quarantacinquemila in Emilia Romagna (650.000 a livello nazionale) i dipendenti del comparto autonomie locali (Regioni, Comuni, Province, Asp-aziende servizi alla persona, Camere Commercio ed enti vari) che attendono ancora la conclusione del contratto relativo al biennio economico 2006-2007, scaduto da oltre due anni, mentre ormai è tempo di trattativa per l’ulteriore rinnovo.

Per sbloccare questa situazione di stallo, i sindacati di categoria Fp-Cgil, Fps-Cisl, Fpl-Uil hanno messo in campo oggi, 28 gennaio, una giornata di mobilitazione nazionale che in Emilia Romagna ha visto i dipendenti del comparto protestare con il presidio a carattere regionale davanti alle sedi Anci e Upi e altre iniziative in tutti i territori della regione. In molti comuni capoluogo di provincia sono stati effettuati incontri tra delegazioni sindacali, sindaci e presidenti di Provincia, mentre una delegazione regionale ha incontrato, in due successivi momenti, i direttori generali di Anci e Upi regionali. Il direttore dell’Upi Enrico Manicardi si è impegnato a consegnare personalmente al presidente Dall’Acqua la nota predisposta da Cgil, Cisl, Uil di categoria a sostegno della vertenza, mentre il direttore dell’Anci Antonio Gioiellieri, condividendo l’urgenza di rinnovare il contratto, invierà una analoga nota di sollecito all’Anci nazionale e al Comitato di settore.

“Siamo al paradosso – sostengono i dirigenti regionali della categoria – di avere in tasca un accordo generale sui contratti pubblici, sottoscritto con il governo nel maggio 2007, per un aumento di 101 euro medi da riparametrare per il comparto, che ancora però non arriva nelle buste paga dei dipendenti. Qui parliamo di stipendi che si aggirano mediamente sui 1.100 euro, mentre tutti ormai riconoscono che in Italia il potere d’acquisto è stato falcidiato e che bisogna dare risposte concrete e rapide alla questione salariale. Ma il Comitato di settore, nostra controparte presso l’Aran, resta sordo davanti ai legittimi diritti dei lavoratori”.

Sindacati e lavoratori chiedono inoltre la conferma e l’incremento delle risorse integrative da destinare alla contrattazione aziendale e la piena applicazione del “memorandum” sul lavoro pubblico per migliorare la qualità dei servizi ai cittadini.