strage-bolognaIl discorso del sindaco di Bologna Flavio Delbono, pronunciato oggi in Piazza Medaglie d’Oro in occasione delle celebrazioni del 29° anniversario della strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980.

“Essere qui in mezzo a voi, in questa giornata, alla fine di questo corteo, tra persone e rappresentanti di diverse comunità e istituzioni toccate duramente dalla violenza politica, per me costituisce un privilegio. Il privilegio di chi ha attraversato momenti tragici della storia, e lo ha fatto insieme a tanti altri, condividendo il loro lutto, il loro percorso, la loro rabbia, la loro voglia di verità, le loro speranze. Io condivido con voi il privilegio della memoria. Qui non ci limitiamo a ricordare un pezzo di tremenda storia italiana. chi è in questa piazza e anche chi non c’è, i bolognesi e gli italiani che, come me, hanno più di quarant’anni, sanno di avere alcuni preziosi ricordi in comune. Che ci piaccia o no, sappiamo esattamente dove eravamo il 2 agosto del 1980, la mattina in cui un’esplosione cancellò la stazione di Bologna. Io studiavo a Parma e avevo cominciato a discutere la mia tesi col professor Zamagni. Ero venuto a Bologna in giugno e in luglio a parlare con lui. La mattina del 2 agosto del 1980 stavo tornando in treno a Mantova. La notizia della strage arrivò quando rientrai a casa, con l’edizione speciale del telegiornale. La presa di coscienza fu lenta, per me e per altri milioni di persone.Ricordo ancora un giovane Bruno Vespa parlare a lungo dell’esplosione di una caldaia alla stazione di Bologna. Ma in quegli anni di piombo, davanti a una detonazione del genere in un luogo pubblico, pensammo tutti la stessa cosa. C’erano già state altre stragi, altro sangue, altro dolore, da piazza Fontana all’Italicus. Sapevamo tutti, prima che la Rai lo confermasse, che alla stazione di Bologna era esplosa una bomba, e che aveva ucciso molte persone. In mezzo alla concitazione dei soccorsi, ai lamenti dei feriti, alla rabbia per qualcosa che non riuscivamo ad accettare, non capimmo subito quante persone avevano perso la vita. Il vero, durissimo, bilancio della tragedia lo scoprimmo, con rinnovato dolore, nei giorni successivi, quando fu chiaro il conto dei morti e dei feriti. Questo è stato il mio due agosto del 1980. Un giorno che è durato una settimana, un mese. Il giorno in cui ho scoperto quante cose mi legavano a persone che non avevo mai conosciuto, quanti sentimenti cementavano dentro un unico modo di sentire il dolore, l’indignazione, la sete di giustizia di tante persone diverse. Ma la mia generazione non ha in comune solo il ricordo di quel giorno, dei muri sbriciolati e del sangue, attenuati dal bianco e nero della tivù, dei feriti e dei volontari, dei morti sepolti dalle rovine, della frenetica attività di tutti quelli che volevano dare una mano, di tutti quelli checercavano di sapere cos’era successo ai loro familiari, cosa era successo agli amici, cosa era successo agli sconosciuti che la distruzione aveva reso fratelli. Abbiamo in comune anche il ricordo di come la giustizia degli uomini, lentamente, faticosamente, ha individuato, catturato e condannato i responsabili di quella strage fascista, cioè di una strage pensata, voluta ed eseguita per fini esclusivamente politici. Abbiamo in comune il ricordo di cosa può fare di terribile la politica quando perde il senso di se stessa, quando annebbia i cuori e le menti, quando diventa un veicolo di rabbia cieca e bestiale. Abbiamo tutti in comune il ricordo di come si possano distruggere vite innocenti, speranze, progetti, se si permette che l’odio diventi l’ingrediente fondamentale della lotta politica. E poi, abbiamo tutti in comune il ricordo di come la giustizia umana sia parziale e insoddisfacente, come sempre è, inevitabilmente, la giustizia degli uomini. Oggi sappiamo chi eseguì quella strage, sappiamo quale fu la sua matrice politica, sappiamo da quali ambienti venne la manovalanza del terrore. Sappiamo cosa dice la verità giudiziaria. E sappiamo anche da quale disegno perverso scaturì quella strage. Se non conosciamo le facce degli uomini che la ordinarono, sappiamo però in quali ambienti nacque l’idea di mettere una bomba alla stazione di Bologna, sappiamo chi depistò le indagini, sappiamo quali ambienti fascisti si prestarono a compierla. Sappiamo che l’interesse dietro quella strage era colpire la democrazia italiana, condizionarne lo sviluppo e l’emancipazione. Colpirono Bologna, e lo fecero più volte in un decennio, con identica ferocia, perché la convivenza civile, sociale e politica di cui questa città e’ il simbolo, dava fastidio. Volevano ridurci al silenzio, metterci in ginocchio, ricattarci. Non ci sono riusciti.

Gli interessi che nel 1980 si coagularono per portare a termine un tale orrendo delitto erano tali e tanti che ancora oggi non mancano i revisionisti di comodo, quelli che ad ogni anniversario trovano utile riesumare nuove piste, nuovi misteri e nuovi filoni d’indagine, là dove novità sostanziali non ce ne sono né potranno mai esserci. Anche senza le prove giudiziarie noi sappiamo cosa successe il 2 agosto di ventinove anni fa e sappiamo perché successe. Lo sapremo sempre, per il resto della nostra vita. Ma naturalmente, noi, che fummo testimoni in presa diretta di quegli avvenimenti, abbiamo anche il dovere di trasmettere la nostra memoria, il ricordo di quelle ferite e del motivo per cui qualcuno decise di colpire questa e altre città. Dobbiamo trasmettere il ricordo alle generazioni nuove, a chi ha meno di quarant’anni e pensa al 2 agosto come a un passato lontano invece che a un dolore presente. Vicini alla commemorazione dei trent’anni, è il momento di ripensare le cerimonie, in modo che i valori che le cerimonie rappresentano non finiscano nel dimenticatoio. Abbiamo il dovere di raccontare il passato a chi non c’era, di mantenerlo vivo perché rimanga viva la lezione che quel passato si porta dietro. Abbiamo bisogno che la memoria non vada perduta. Abbiamo bisogno di rimettere in gioco rituali che ci danno un grande senso di identità, come è giusto che sia, ma che non soddisfano più lo scopo principale per cui erano stati pensati. Lo scopo, invece, è ricordare a tutti che la democrazia cammina sulle gambe di chi ci crede, di chi è disposto a lottare per averla, di chi sa stringere i denti per non perderla, di chi ha il coraggio di guardare in faccia l’orrore senza annullarsi nell’odio, di chi continua a credere in una giustizia sempre troppo lenta e parziale per essere soddisfacente, però da inseguire lo stesso con uguale tenacia. Lo scopo è mostrare a tutti quanto coraggio ci vuole per avere fede in tutte quelle cose imperfette come la democrazia, il rispetto, il confronto di idee e la solidarietà, che nemmeno le bombe assassine sono riuscite a cancellare dalle nostre vite”.

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Il Presidente del Consiglio comunale di Bologna, Maurizio Cevenini,a margine della cerimonia commemorativa della strage alla stazione, rilascia la seguente dichiarazione:

“Ho molto apprezzato il primo intervento del Sindaco di Bologna in occasione del due agosto e, nel contempo, ho ascoltato con doveroso rispetto le argomentazioni esposte dal Presidente Paolo Bolognesi. Come è capitato in altre occasioni, non trovo alcuna giustificazione alle contestazioni di piazza. La piazza è una conquista della democrazia e serve per il dialogo e l’ascolto”.