socialeLe Cooperative Sociali aderenti a Legacoop Emilia Romagna sono 220, di cui il 50 per cento di tipo A (forniscono servizi ad una utenza pubblica e privata), il 30 per cento di tipo B (i soci, al termine di un processo di inserimento lavorativo, sono per la maggior parte persone portatrici di handicap); il restante 20 per cento e’ costituito da cooperative miste. In totale gli utenti sono 120mila, 24mila i lavoratori. I dati sono stati diffusio in occasione dell’odierna assemblea regionale delle coop sociali svoltasi a Bologna. La Cooperazione Sociale negli ambiti in cui opera (anziani, disabili, nidi, salute mentale, tossicodipendenze, esclusione sociale, inserimento lavorativo) “vale” circa un quinto (700 milioni) del totale stimato in oltre 3 miliardi, che vengono spesi sia dai cittadini che dalle Istituzioni, in Emilia Romagna.

“Operiamo in particolare – ha affermato Alberto Alberani, responsabile regionale di Legacoop Sociali – nei servizi per anziani (quasi la meta’ del nostro lavoro), nei servizi per la prima infanzia, che hanno superato i servizi per disabili. Siamo gli unici che inseriscono al lavoro persone svantaggiate, nelle coop di tipo B. Dalla ricerca che abbiamo presentato in occasione di questo nostro primo Congresso, si evidenzia una cooperazione in forte sviluppo, radicata nei territori, con pochi capitali, una forza lavoro qualificata, giovane e donna”.

Il posizionamento attuale e le prospettive future delle Coop Sociali, a livello regionale, sono state analizzate, infatti, da una ricerca, presentata in anteprima all’apertura dei lavori congressuali, curata da Luciano Marangoni e con il contributo scientifico del prof. Giulio Ecchia dell’Universita’ di Bologna. Il lavoro di analisi, oltre ad aspetti economici di carattere generale, ha effettuato una ricerca “sul campo” che ha coinvolto un campione significativo di 39 cooperative con interviste ai presidenti e ai loro collaboratori. Il campione e’ costituito da 13 coop di tipo A, con un fatturato di oltre 10 milioni di euro; a queste si sono aggiunte altre 11 coop di tipo A, ma di dimensioni inferiori. Le coop di tipo B sono 15. Tra i dati generali, la ricerca evidenzia – tra gli altri – che l’80 per cento dei ricavi delle coop sociali e’ di origine pubblica; che si aggrava il contrasto tra risorse disponibili e i contenuti dei servizi rispetto ad una domanda crescente e via via piu’ ampia (anziani, disabili, salute mentale, immigrati e nuove poverta’).

Ed e’ il modello di welfare della regione Emilia Romagna e degli Enti locali quello che da’ l’impronta all’attivita’ delle coop sociali, specie di tipo A. Questo fatto, oltre alle opportunita’ “storiche” che la ricerca evidenzia, presenta anche rischi, per cui “per realizzare i nostri programmi futuri – ha affermato Alberani – abbiamo bisogno di innovare i rapporti con la pubblica amministrazione. In particolare su tre punti: un nuovo processo di accreditamento che dovra’ trasformare le pubbliche amministrazioni da appaltatori a certificatori di qualita’ previo adeguamento delle tariffe dei servizi; la co-progettazione di nuove forme di societa’ di gestione in collaborazione con le Asp e anche promuovendo forme di mutualita’ integrativa; piu’ sostegno all’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate. Dopo aver firmato con la Regione un protocollo d’intesa per sostenere la cooperazione sociale ci aspettiamo che venga abolita l’Irap alle cooperative sociali cosi’ come avviene in altre Regioni”.