Le imprese del settore comunicazione, editoria ed ICT sono sul piede di guerra. Motivo, la legge (o decreto Bondi) sull’equo compenso, pubblicata a marzo ma entrata retroattivamente in vigore dal 14 gennaio. Ad essere colpite dal nuovo balzello sono tutte le memorie di massa come dischi rigidi sui personal computer, fissi o portatili, supporti usb, memorie per apparecchi fotografici e video, telefonini, decoder, console, oltre che su cd e dvd vergini etc. Lo scopo sarebbe quello di compensare con un forfait, i mancati guadagni degli autori, derivanti dalle copie private, spesso illecite.

“Si tratta – dice Marco Chan, presidente di CNA Comunicazione e Terziario Avanzato – di una sorta di processo alle intenzioni. Nessuno, infatti, mette in discussione la legittimità del diritto d’autore (è a questo diritto che si ispira la legge), ma presumere che l’utilizzo dei supporti di memoria debba sempre essere fraudolento ci pare francamente una sciocchezza. Soprattutto in un momento in cui imprese e cittadini sono alle prese con la crisi, non ci sembra opportuno far lievitare il costo di questi strumenti, ormai di uso comune nelle attività aziendali e indispensabili in ogni processo di innovazione”.

Ma, sottolineano le imprese CNA del settore (a Modena oltre 700 associate di cui circa il 30% nel settore ICT), questi apparecchi di nuova tecnologia, subiscono rapidissime fluttuazioni del prezzo, che spesso parte molto alto e poi “crolla” per l’arrivo dell’aggiornamento tecnologico successivo. In alcuni casi, una “tassa” come quella di cui si sta parlando, calcolata non in percentuale, ma in cifra fissa, incide sul costo finale del prodotto in maniera esponenzialmente crescente; nel giro di 12 mesi corrisponderà al 20% del prezzo del prodotto e in tre anni supererà addirittura il valore del bene!

Senza contare che, non essendo uscite note operative esaustive in merito, per l’effettiva applicazione di questo nuovo balzello la confusione regna sovrana. Come precisato in una lettera aperta inviata da CNA al Ministro Bondi, la legge stabilisce che il pagamento debba essere effettuato dai produttori o dagli importatori, ma se questi ultimi non provvedono, la responsabilità ricade sui distributori finali. Di fatto l’ultimo anello (spesso una piccola azienda) diventa responsabile dell’eventuale mancato pagamento degli operatori precedenti e, come se questo non bastasse, se ci sono stati diversi passaggi, è difficile anche capire se il contributo è già stato versato oppure no e, in questo caso, se doveva o non doveva esserlo. La decorrenza dal 14 gennaio, infatti, non ha permesso un’adeguata informazione, lasciando gli operatori impreparati ed, in particolare, proprio le PMI della distribuzione (informatici, fotografi, piccoli commercianti ecc.) su cui ricade questa responsabilità, esponendoli a pesanti sanzioni.

Gli importi sono stabiliti in modo da essere più bassi per i prodotti già assemblati (un computer o un notebook) rispetto al singolo supporto di memoria; ciò comporta una fortissima penalizzazione per gli assemblatori italiani rispetto alle grandi multinazionali. C’è il rischio concreto che la norma penalizzi un intero settore produttivo.

La legge non specifica nemmeno come il contributo debba essere trattato nella fatturazione fino allo scontrino rilasciato all’utente finale (che potrebbe richiederla per dimostrare di aver pagato il diritto), creando così confusione e ulteriori costi amministrativi.

Per tutti questi motivi CNA Comunicazione chiede un’immediata moratoria dell’applicazione della legge e contemporaneamente la convocazione del tavolo tecnico previsto dallo stesso Decreto Bondi, con il coinvolgimento delle maggiori Organizzazioni del settore.

“In attesa e nella speranza che il Ministro recepisca le nostre richieste – aggiunge Anna Tavernari, responsabile di CNA Comunicazione Modena – il consiglio che diamo ai rivenditori è, al momento dell’acquisto, di favorire quei fornitori (produttori, importatori o grossisti) che, avendo assolto l’obbligo di legge, possono annotarlo in fattura, liberandosi da ogni responsabilità. Inoltre indicare anche l’importo può servire a dimostrare al cliente finale che non si tratta di un ricarico ingiustificato, ma di un obbligo di legge”.