Il capogruppo del Pd in Consiglio comunale Paolo Trande risponde alla sollecitazione del consigliere di Sinistra per Modena Federico Ricci che chiede qual è la posizione del Pd sul Decreto Ronchi 135/2009 e sul referendum sulla “acqua pubblica” promosso da molte associazioni.

«Vorrei tranquillizzare l’amico Ricci: sul “bene” acqua il Pd ha le idee chiarissime sia a Modena che a Roma. Siamo contro il decreto Ronchi e il progetto di privatizzazione portato avanti dal governo. La posizione modenese, peraltro, è perfettamente coincidente con quella espressa recentemente da Bersani, anche perché il Pd di Modena ha attivamente contribuito a definirla.

Prima osservazione. Il controllo di Hera è saldamente in mano agli enti locali emiliano-romagnoli. Quindi non si capisce per quale ragione questi dovrebbero volere la privatizzazione dell’acqua o di tutto il Gruppo. Al contrario, gli enti locali sono fortemente contrari al progetto del Governo che vorrebbe non solo privatizzare la gestione del servizio idrico, ma svendere il controllo pubblico sulle aziende ex municipalizzate.

Trovo invece poco comprensibile la posizione di Sinistra per Modena che, mentre difende “l’acqua pubblica” proponendo lo scorporo della gestione del servizio idrico dalle attuali aziende miste pubblico-private, al tempo stesso si disinteressa della “privatizzazione della gestione dei rifiuti” e della svendita delle aziende, come prevede, con il nuovo articolo 23-bis, il Governo. Dov’é la coerenza?

Seconda osservazione. Trovo francamente ingenuo e un po’ ideologico pensare di aggirare il progetto di privatizzazione del governo limitandosi a dichiarare – come propone l’odg di Sinistra per Modena – che il Comune di Modena “riconosce il servizio idrico integrato come servizio pubblico locale privo di rilevanza economica e si impegna a inserire tempestivamente questo principio nel proprio statuto comunale”.

Questa è una dichiarazione che non ha alcuna rilevanza giuridica e non lo dico io ma la Direttiva Comunitaria di riferimento che attribuisce solo agli Stati la possibilità di dichiararlo con legge. Inoltre, già oggi la legge, puntualmente applicata nella Regione Emilia-Romagna, stabilisce che con l’acqua non si può fare business. Le tariffe, infatti, consentono di recuperare solo i costi di gestione e le spese per investimenti (DL 152 del 2006).

Terza osservazione. Noi guardiamo con grande simpatia e condivisione allo slancio ideale che ha mosso le tante associazioni a promuovere il referendum abrogativo di parte del Ronchi.

Ci sono però due problemi di non poco conto:

1) I questi referendari sono costruiti solo sulla parte dell’acqua mentre ignorano tutti gli altri servizi (rifiuti, gas, luce);

2) E’ da 15 anni che in Italia non si raggiunge il quorum referendario. Cosa facciamo in caso di mancato raggiungimento del quorum: offriamo al Governo Berlusconi su un piatto d’argento l’argomento che gli italiani sono per la privatizzazione dell’acqua?

La verità è che bisogna proseguire con un comune approfondimento, al riparo da furori privatistici (decreto Ronchi) o pubblicistici (gestione pubblica forzosa) per provare a costruire una posizione unitaria condivisa. Obiettivo che riproponiamo, con l’intento di costruire, anche su questo rilevante tema, una proposta alternativa alla destra che governa il Paese».