Sono in dirittura di arrivo i lavori di restauro del padiglione Lombroso, uno degli edifici realizzati tra Sette e Novecento e parte dell’ex ospedale psichiatrico San Lazzaro, che si appresta a divenire sede del Museo nazionale della Psichiatria.

L’intervento – per un investimento di 3,1 milioni di euro di cui circa 2 finanziati dal Ministero per i beni e le attività culturali – dovrebbe infatti concludersi entro fine anno e restituire alla collettività un patrimonio storico e culturale di grande valore. Il Lombroso costituisce infatti per la città un importante luogo di memoria: i suoi spazi, dall’inizio del secolo scorso e fino agli anni Settanta, vennero adibiti a manicomio e hanno ospitato malati mentali, criminali psichiatrici o cosiddetti “alienati”, tra cui il pittore Antonio Ligabue.

“Il Lombroso – ha detto oggi il sindaco Graziano Delrio accompagnando la stampa durante la visita al cantiere – è un simbolo dentro un’area che è simbolica per la nostra città: il San Lazzaro. Questo luogo è simbolo della storia della malattia mentale e in passato costituì un’eccellenza rispetto alle terapie psichiatriche”.

“Qui – ha proseguito il sindaco – vogliamo creare un campus universitario come quelli americani, cioè luoghi interconnessi della vita universitaria e della vita degli studenti, che pensiamo di poter consegnare alla città entro la fine del mandato con il recupero del Lombroso, di Villa Marchi che ristruttureremo a breve, le urbanizzazioni interne ed esterne all’area con parcheggi, viali interni e giardini in fase di sistemazione e il collegamento con la metropolitana di superficie la cui linea è già stata elettrificata”.

“Per il museo nazionale della psichiatria che qui troverà sede – ha aggiunto l’assessore alla Cultura Giovanni Catellani – pensiamo a una struttura a tre dimensioni, che dialoga con la scala locale, nazionale e internazionale. Per la città costituisce una parte rilevante della propria storia, che vogliamo far conoscere ai ragazzi delle scuole. All’interno del campus poi la storia si lega con la formazione universitaria e quindi con il futuro della città. Ma vogliamo anche che il museo sia di riferimento sul panorama nazionale e si inserisca nel dibattito internazionale sulla salute mentale, un tema di grande attualità”.

“Questo fu un luogo di detenzione – ha detto Gaddomaria Grassi direttore dei servizi psichiatrici dell’Ausl di Reggio – ma anche un luogo di grande cultura della psichiatria nell’800. Da qui nasce l’idea del museo, per valorizzare e far conoscere questo patrimonio e tenere alta l’attenzione su temi come il pregiudizio e l’esclusione dei malati mentali”.

Per recuperare questa preziosa memoria, l’edificio e l’area cortiliva che lo circonda – oggi di proprietà dell’Ausl ma cedute in comodato d’uso gratuito al Comune per una durata rinnovabile di 29 anni – sono state oggetto negli ultimi mesi non solo di opere di consolidamento e ripristino delle strutture, ma di una vera e propria opera di “archeologia della contemporaneità” che vede progettisti, restauratori e operai impegnati, con grande meticolosità, nel restauro dei suoi spazi. Il tutto nel rispetto assoluto della storia del Lombroso per quanto riguarda la conformazione degli spazi, i materiali, i decori, i serramenti e gli arredi, in modo da ripristinare nella loro originalità gli ambienti così com’erano nel periodo manicomiale. Si ritiene infatti che il padiglione Lombroso – che sarà visitabile sabato 25 e domenica 26 settembre nell’ambito della Settimana della salute mentale – non debba essere intesto come un mero “contenitore” di nuove attività, bensì il contenuto principale del futuro museo, essendo museo esso stesso.

Per consentire la rievocazione della particolare atmosfera dei luoghi, senza cancellare le tracce del tempo e dell’usura che ne hanno segnato gli ultimi anni di attività, l’intervento – seguito anche dalla Soprintendenza ai beni architettonici – viene realizzato applicando una tecnica di restauro diversa da quella tradizionale, che piuttosto che restituire la perfezione originale delle superfici, propone finiture volutamente incompiute in modo da lasciar trasparire i segni del tempo e del degrado col loro carico di suggestioni e di vissuto.

L’intervento, seppur di tipo conservativo, non impedirà comunque di utilizzare gli spazi del padiglione per lo svolgimento di attività di esposizione, ricerca e studio poiché rispetta tutte le normative in tema di barriere architettoniche, resistenza antisismica e sicurezza antincendio.

L’edificio, una volta completati i restauri, consentirà infatti di esporre, almeno in parte, i materiali originali del manicomio attualmente custoditi dal Centro di documentazione di storia della psichiatria. La convenzione stipulata con il Comune di Reggio impegna infatti l’Ausl a conferire gratuitamente al museo i beni che documentano la vita dell’ex istituto psichiatrico – strumenti di contenzione e terapia, materiali del laboratorio scientifico, documenti dell’archivio clinico, opere realizzate dai ricoverati – perché possano divenire un patrimonio pubblicamente fruibile. Il progetto di allestimento museale, attualmente in fase di sviluppo, mira al coinvolgimento emotivo dei visitatori, prevedendo di dotare alcuni spazi di specifiche tecnologie, appositamente integrate nell’involucro esistente, che consentiranno l’interattività e il ricambio periodico dei suoi stessi contenuti.

L’area esterna sarà un’estensione degli spazi espositivi. A tale scopo sono state riportate alla luce le tracce del muro di recinzione abbattuto negli anni ’70 rievocandone la presenza mediante un simbolico volume in ferro, innalzato sul suo sedime, che potrà fungere anche da elemento espositivo.

I lavori di recupero del padiglione Lombroso si svolgono nell’ambito del Programma di riqualificazione urbana (Pru) del complesso del San Lazzaro, in vista della realizzazione del Campus universitario, indicato dal Piano strutturale comunale fra i sette Poli d’eccellenza della città.

Nell’area, già sede universitaria di cinque facoltà, grazie alla riqualificazione di altri sei padiglioni, verrà recuperato prossimamente recuperata Villa Marchi ove – in base a un accordo fra enti locali, Università di Modena e Reggio ed organizzazioni economiche – troveranno spazio laboratori di ricerca, e servizi di ospitalità (studentato, mensa e alloggi) per studenti, ricercatori e docenti.

Il polo del San Lazzaro sarà collegata dalla linea di metropolitana di superficie in costruzione alla stazione storica di piazzale Marconi e alla nuova stazione Mediopadana dell’Alta velocità. Diretto il collegamento con il tecnopolo per la ricerca e l’innovazione delle Reggiane, il Centro internazionale Malaguzzi e l’Area Nord della città. Alla stazione della metropolitana si potrà accedere dal Campus attraverso un sottopasso alla ferrovia Milano-Bologna.

Gli oltre 390.000 metri quadrati di superficie sono oggetto di opere di urbanizzazione realizzate dal Comune di Reggio che consistono in particolare nella riorganizzazione del verde, nel recupero e valorizzazione del parco storico e nella creazione di infrastrutture (viabilità, parcheggi, accessi) a servizio delle facoltà universitarie e del museo.

Il progetto di riqualificazione del padiglione Lombroso è stato redatto e diretto dall’architetto Giorgia Lombardini con la collaborazione dell’architetto Francesca Saccani e dell’ingegnere Elisa Bonoretti dell’Area Ingegneria e Infrastrutture del Comune di Reggio Emilia, mentre la progettazione strutturale e impiantistica sono della Cooperativa architetti e ingegneri di Reggio Emilia.

STORIA – Dal 1217 l’area dell’attuale San Lazzaro fu destinata all’accoglienza e cura di poveri e ammalati. Dal 1754, fu destinata a ospedale. Nella seconda metà del Novecento, con la progressiva chiusura degli ospedali psichiatrici, il San Lazzaro è divenuto sede di scuole medie superiori e poi di Università.

Il padiglione Lombroso, progettato nel 1891, in origine era chiamato casino Galloni, dal nome del primo medico direttore dell’istituto San Lazzaro, ed era destinato ai malati cronici tranquilli. Con l’introduzione della legge 1904 “sui manicomi e sugli alienati”, che rendeva obbligatoria l’istituzione presso i manicomi di una speciale “sezione” d’isolamento per “pazzi criminali dimessi” e “detenuti alienati”, il casino Galloni venne ampliato e trasformato in quella che diventerà, dal 1910, la Sezione Lombroso.

Questa ospiterà una settantina di reclusi e, a partire dal 1923, accoglierà anche pazzi criminali condannati a pene di breve durata. Proprio per la pericolosità dei reclusi, verranno costruiti due muri per dividere il cortile in due spazi, adibendone uno di questi ai malati più gravi. Dal 2 marzo 1945 al 6 dicembre 1948 la struttura ospitò, tra gli altri, il pittore Antonio Ligabue.

Solo nel 1972, prima che venga varata la legge Basaglia, l’edificio viene definitivamente abbandonato e considerato inutilizzabile e il suo muro di cinta abbattuto.