Una lezione dedicata alla analisi del crac Burani ha arricchito il programma formativo del Mic 5, la quinta edizione del Master in Impresa Cooperativa organizzato da Quadir, Legacoop Reggio Emilia e Legacoop Modena per 20 giovani manager di varie cooperative emiliane. A discutere della case history che ha portato agli arresti Giovanni e Walter Burani sono stati chiamati, insieme a Giuliano Nicolini dell’Università di Bologna, Stefano Campani e Paolo Pergolizz,i autori del libro “Mariella Burani Fashion Group. Storia di un crac”. Gli autori, visto il riscontro di vendite del libro, stanno ora pensando alla pubblicazione di una seconda edizione del loro lavoro.

La lezione si è incentrata in particolare sull’approfondimento di alcune delle operazioni finanziarie più controverse, diventate quasi paradigmatiche del modus operandi dei vertici del gruppo di Cavriago negli anni immediatamente precedenti la messa in liquidazione del gruppo. In particolare la famosa opa del 2008, nella quale vennero investiti 82,5 milioni di euro per acquisire a 17,5 euro titoli che un anno dopo sarebbero stati sospesi a 2,5 euro. E poi l’acquisto di Mandarina Duck, grazie al quale nel bilancio semestrale 2008 di Mariella Burani Fashion Group vennero contabilizzate 20 milioni di plusvalenze finanziarie per la cessione a 9,5 euro, a parziale contropartita dell’acquisto di Mandarina Duck, di 2,31 milioni di azioni Antichi Pellettieri iscritte a Bilancio al valore di 0,79 euro.

La lezione ha portato all’attenzione dei giovani manager altri temi sensibili, come il clima di generale understatement che a Reggio Emilia ha accompagnato la vicenda dei Burani fino al fallimento della controllante Bdh. Inoltre lo svuotamento di fatto, nel crac Burani, dei princìpi di etica imprenditoriale e responsabilità sociale e il mancato funzionamento a Reggio Emilia e Cavriago di quei meccanismi di controllo sociale che fino a pochi anni fa avrebbero reso impossibile il dissesto di un gruppo così importante. Fenomeni rispetto ai quali le aziende cooperative, per la forma proprietaria diffusa e per i meccanismi che subordinano le decisioni strategiche alla volontà e al controllo di più soggetti, possono ancora vantare una distintività che le rende originali rispetto ad altre forme di impresa.