Si è svolto oggi – mercoledì 27 aprile – anche a Modena il Social Day, la giornata di mobilitazione promossa dalla Cisl Emilia-Romagna insieme alla Fnp (Federazione nazionale pensionati) regionale per sollecitare gli amministratori locali sui temi delle politiche sociali a favore della famiglia, riforma fiscale e federalismo solidale, diritti assistenziali garantiti e sicurezza economica, legge nazionale per le persone non autosufficienti. «Siamo preoccupati per la tenuta dello stato sociale a ogni livello, perdurando la crisi economica con le sue ricadute sulla spesa pubblica – afferma il segretario provinciale della Cisl, Francesco Falcone che, insieme ai responsabili di zona della Cisl, ha incontrato i sindaci capi-distretto – Il governo ha dato risposte positive solo sugli ammortizzatori sociali in deroga, mentre sono state insufficienti sul piano dello sviluppo, basti ricordare che anche nella nostra provincia il 30 per cento dei giovani è senza lavoro. Ancora peggio è stato fatto sulle politiche assistenziali, con il taglio del già esiguo fondo nazionale per la non autosufficienza, la riduzione drastica dei fondi sociali per l’affitto e per il sostegno assistenziale».

Anche in Emilia-Romagna, dove il fondo regionale per la non autosufficienza supera i 400 milioni di euro, il problema non è risolvibile senza un intervento della fiscalità generale. «I non autosufficienti (disabili e anziani ultra 65 enni non autosufficienti) in regione sono circa 120 mila, ma solo il 30 per cento usufruisce di servizi adeguati – aggiunge il segretario provinciale della Fnp-Cisl, Pietro Pifferi – Occorre dare una risposta chiara in prospettiva a questi bisogni e riprogettare l’impianto assistenziale dei disabili, aumentando l’offerta di posti letto nella residenzialità protetta e le ore per l’assistenza domiciliare».

In Emilia-Romagna, regione anziana, è pesante il carico umano ed economico che grava sulle famiglie di una persona non autosufficiente, malgrado si possa contare sul fondo regionale e su una rete consolidata di servizi (927 strutture e circa 50 mila utenti); si calcola, per esempio, che siano tra le 120 e 150 mila le famiglie che ricorrono alle badanti. Per la Cisl il federalismo fiscale può essere equo e solidale solo se è accompagnato dalla riforma del sistema fiscale e da una definizione chiara dei livelli minimi delle prestazioni sociali (asili nido, servizi agli anziani, diritto allo studio, servizi alla famiglia, disabili, sostegni economici alle situazioni di difficoltà). «Il federalismo fiscale stabilisce le tasse di cui sono titolari Regioni, Province e Comuni, ma non chiarisce quali e quanti diritti-servizi sociali garantire alla cittadinanza, così che si palesa il rischio che le entrate fiscali siano usate per finalità diverse dal sociale e secondo discrezionalità degli amministratori – osserva Falcone – Peraltro l’opportunità di nuovo decentramento fiscale, in un periodo di crisi economica, pone il rischio che Regioni e Comuni aumentino le tasse locali giustificandosi con il mantenimento dei servizi sociali esistenti. Noi ribadiamo che non è più possibile che paghino i soliti noti, dipendenti e pensionati, che già sostengono il maggior peso del fisco italiano».

Secondo la Cisl il costo della riforma del sistema fiscale può essere sostenuto dalle risorse derivanti dalla lotta all’evasione e dalla tassazione delle rendite finanziarie, oltre che dallo spostamento della tassazione dai redditi ai consumi non di prima necessità. La lotta all’evasione deve impegnare tutti i livelli istituzionali; per questo la Cisl chiede che a favore dei Comuni segnalatori sia aumentato dall’attuale 33 al 50 per cento l’importo recuperato grazie all’evasione fiscale accertata. Infine la Cisl sollecita la lotta agli sprechi e chiede a Regione e Comuni di attuare tutte le azioni possibili per ridurre i costi della politica anche attraverso le aggregazioni istituzionali.