Secondo Confcommercio, sulle aperture domenicali non vanno chiamati in causa solo i grandi imprenditori come Coopestense, Esselunga, Conad. La riflessione deve essere di tutti. Aperture domenicali “selvagge” dunque? In omaggio alla logica, legittima per carità, del profitto delle imprese che riescono a tenere il passo?

Non nascondiamocelo, nel nostro intimo suona strano sentir parlare di commercio in chiave esclusivamente economica. In particolare oggi, che i principi etico – morali – religiosi appaiono travolti da un relativismo il cui vuoto non è colmato dall’applicazione del diritto naturale, mentre vengono sfornate leggi sbrigativamente semplificatorie.

In realtà la distribuzione al dettaglio ha l’atavico compito di fornire ai cittadini gli elementi base, sottoforma di beni e servizi, per la sopravvivenza e il normale svolgersi della vita sociale.

Il commercio dunque ha un ruolo troppo invasivo sul piano della convivenza, della socialità, della qualità della vita quotidiana, per essere relegato a ruolo di vassallo di interessi solo economici, si ripete legittimi, ma da governare con un’oculatezza sufficiente e necessaria a sostenere principi etici superiori.

Parlando di orari dei negozi e di aperture domenicali, va detto che, per fortuna, nel nostro Paese e nella nostra provincia, esiste una rete commerciale al dettaglio ancora consistente che deve, per come è strutturata, tener conto della dimensione familiare della propria attività. Ciò fa dire, a chi rappresenta questi Piccoli e Medi Operatori (Confcommercio), che è l’incontro tra la redditività delle imprese e i valori morali ed etici, che fa di una società una società viva ed evoluta.

Confcommercio chiama dunque ad un confronto chi detiene la responsabilità del benessere della comunità. Le domande da porsi sono certo il servizio al cittadino, ma occorre riconoscere che la società attuale impone allo stesso cittadino la visione di obiettivi di prevalente o esclusiva valenza economica.

Ma in questa faticosa prassi quotidiana, vengono trascurati aspetti importanti delle convivenza, la cui mancanza rischia la crisi morale. Ciò riguarda chi lavora in un piccolo punto vendita al dettaglio, come chi il punto vendita gestisce, chi svolge una qualsiasi attività lavorativa. E come tale ha sacrosanto diritto al riposo, all’affettività familiare e amorosa, al momento della riflessione.

Limitare, nel riposo domenicale, il clamore della “corsa” ai consumi rappresenta in primo luogo un diritto e una “pausa”, preziosa in quanto capace di ricreare le energie indispensabili alla ripartenza.

Cerchiamo dunque, al di là di norme che potremmo definire improvvide, il punto di incontro che attenui l’aspetto “selvaggio” che l’economia globalizzata fatalmente introduce nelle società.

Occorre, nell’interesse di tutti, trovare un equilibrio che tuteli in primo luogo il cittadino consumatore, i piccoli imprenditori, i lavoratori delle piccole imprese che dovrebbero affrontare turni di lavoro insostenibili, i dipendenti delle grandi catene che, a loro volta, detengono il sacrosanto diritto ad un regolare riposo.

Si tratta di un appello che Confcommercio rivolge alle Istituzioni, alla Chiesa, ai rappresentanti dei Lavoratori, alle Associazioni Imprenditoriali, alle Imprese della Grande Distribuzione, nella convinzione che gli interessi delle categorie economiche e sociali abbiano in queste riflessioni un fondamentale interesse comune, e che l’applicazione di norme di questo tipo, nel medio periodo impoverirà tutti.

(Il Presidente provinciale, Carlo Galassi)