Nel mondo d’oggi le informazioni si scambiano sempre più facilmente e rapidamente. Può accadere così che i dati di una persona – email, fotografie, agenda elettronica – siano creati nel Regno Unito con un software situato in Germania, trattati in India e conservati in Polonia per poi essere consultati in Spagna da un cittadino italiano.

Il rapido intensificarsi dei flussi d’informazione nel mondo intero mette a dura prova il diritto alla riservatezza dei dati personali. Al lavoro, nei rapporti con le autorità pubbliche, acquistando merci o servizi, viaggiando o navigando su internet, ogni giorno i cittadini hanno a che fare con la protezione dei dati personali, anche nella loro dimensione transfrontaliera. Nella giornata di ieri, dedicata alla protezione dei dati personali, il Consiglio d’Europa e la Commissione europea hanno unito le forze per promuovere il diritto fondamentale alla privacy. Le norme di protezione dei dati dell’Unione europea hanno ormai più di 15 anni; per quanto abbiano retto bene al tempo, è ora che siano modernizzate in modo da corrispondere al nuovo contesto tecnologico. La Commissione europea ha proposto proprio quattro giorni fa la modifica della direttiva, puntando ad una maggiore sicurezza nel trattamento dei dati. Uno dei punti innnovativi della “Direttiva Protezione dei dati personali” è il “diritto all’oblio”, ovvero alla possibilità per un utente di Internet di veder rimuovere in forma permanente dalla Rete contenuti o “tracce” che lo riguardano. Facile capire di chi si parla: Social platform o clouding (ovvero lo stoccaggio di dati, foto video su servers lontani e non controllabili direttamente dall’utente) non permettono l’eliminazione dei nostri dati in forma definitiva. Li congelano semplicemente. Ma i dati restano in circolo, alla mercè di pirati informatici e buchi del sistema.

“Una protezione efficace dei dati personali” ha dichiarato l’On. Tiziano Motti, membro UDC/PPE del Parlamento europeo, è presupposto essenziale delle nostre democrazie da cui traggono sostegno gli altri diritti e libertà fondamentali; dobbiamo trovare un equilibrio tra la tutela della privacy e il libero flusso delle informazioni, che può creare nuove opportunità economiche”.

Ma l’Europa si interroga anche sulla necessità di non “dimenticare” coloro i quali usano la Rete per scopi illeciti ed offensivi, come nel caso di pedofili e molestatori sessuali. “Una categoria – afferma l’On. Motti, – che non deve essere dimenticata nel nome di un generico diritto alla protezione dei dati, che deve essere bilanciato da un’adeguata sorveglianza (“retenzione”, in gergo europeo) di quei dati che possono risultare utili all’individuazione di criminali”.