Ho appreso questa notte, e solo perché un amico mi ha trasmesso un pezzo apparso sul sito di un quotidiano, che lasciavo la Giunta perché “stanco”, quasi ad adombrare una mia fuga a pochi giorni dall’inizio dell’iter istituzionale per il bilancio 2012. Quasi una fuga dalle responsabilità. Poi, questa mattina ho letto sui giornali del mio dimissionamento dalla giunta. Tralascio il fatto di dover apprendere dalla stampa che non faccio più parte della giunta, questo offrono i tempi e soprattutto le persone…

E’ chiaro che le deleghe appartengono al Sindaco ed è del tutto legittimo che siano a sua disposizione, però devono essere chiari e trasparenti le motivazioni degli atti, e soprattutto i passaggi non possono essere lesivi della dignità e del lavoro delle persone, dell’uomo prima ancora che dell’amministratore. E’ veramente troppo apprendere ieri notte che ho scelto di lasciare perché “stanco”, facendo immaginare una fuga, e venire a sapere stamane che lascio “dopo gli “insulti” dei colleghi per i tagli richiesti”, sugli stessi giornali che fino al giorno prima facevano osservazioni di segno opposto lamentando i troppo pochi tagli.

Riportiamo un po’ di verità: non è vero che lascio perché stanco: questa è una ricostruzione degli ultimi eventi falsa e lesiva, lo ripeto e lo sottolineo, per la mia dignità di uomo prima ancora che di amministratore. E rappresenta bene la bassezza morale più ancora che politica di chi ha messo in bocca questa lettura al giornalista che poi l’ha scritta senza alcuna verifica.

La verità è un’altra: potrei dire che sono stato “sacrificato”, ma sono conscio di usare una parola un po’ grossa dato il tema. Diciamo, per rimanere più aderente al vero, che sono stato dimissionato perché la pedina più debole in un gioco di rapporti di forza, nel quale il senso del lavoro, dell’impegno, non valgono nulla: non ho tessere di partito, non rappresento interessi, pur tutti legittimi. Rappresento la mia coscienza e mi sento rappresentato dalla mia coscienza.

So di avere operato con senso di responsabilità per costruire, certo non da solo, anche una manovra di bilancio che, pur in un quadro di enorme difficoltà, ha cercato di dare alcune risposte in termini di salvaguardia delle politiche della coesione e dell’equità sociale. Oppure, un’altra verità potrebbe essere che sul mio operato gravi un giudizio negativo, in particolare sulle difficili scelte del bilancio.

In un caso come nell’altro la prima richiesta che pongo al sindaco è la chiarezza e la trasparenza sul perché di queste scelte: mi si dica se ho sbagliato, dove, quando e perché. Credo che saprei rispondere. Tutto è meglio di questa vergognosa opacità, offensiva della mia dignità ed offensiva del lavoro da me svolto.

Ribadisco che non c’è da parte mia nessuna fuga dalle responsabilità.

E’ vero il contrario: mi si impedisce di portare a termine un incarico iniziato nel 2009 e che, dal luglio 2011, nella consapevolezza della difficoltà estrema che comportava, mi ha visto lavorare al Bilancio da approvare nelle prossime settimane. Un lavoro nel quale mi sono impegnato con serietà, passione, intelligenza, se posso usare questo termine. Confrontandomi sempre, in questi mesi, in giunta, con il gruppo consiliare, e in tutte le occasioni di confronto più allargato mai nascondendomi, ma mettendo sempre la mia faccia. Un confronto difficile, a volte aspro, con momenti anche di grande solitudine.

Se e dove, in questo percorso, ho sbagliato, chiedo che mi venga esplicitato per poter rispondere.

Mi si impedisce di ultimare un percorso, senza motivarne il perché. Leggo in questo atteggiamento una mancanza di rispetto verso il mio impegno, verso il lavoro mio e di tutti i collaboratori dell’Assessorato nel quale fino a oggi ho lavorato: meravigliosi per professionalità e competenza. Non chiedo riconoscenza, che non ha nulla a che vedere con questi temi. Chiedo, anzi pretendo, il rispetto per il mio lavoro politico.

Ho sempre ritenuto, infatti, l’attività politica un lavoro. Provvisorio, a tempo, ma un lavoro. Fatto di fatica, di passione, di momenti difficili e sereni, di relazioni umane, di intelligenza, di serietà e responsabilità e anche di sconfitte, certamente, e di separazioni. Ma deve sempre rimanere il rispetto.

Invece, in questa vicenda, nelle modalità utilizzate e nel modo in cui si è conclusa, è proprio il rispetto che è mancato.

Il mio saluto e il mio ringraziamento vanno in primo luogo a tutto il personale dell’Assessorato, senza la cui presenza non mi sarebbe stato possibile operare, e a Carlo Casari, con il quale ho attraversato anni tempestosi e difficili nei quali mi ha insegnato moltissimo.

Ringrazio tutti quelli che mi hanno aiutato in questo difficile incarico, in Giunta, in Consiglio, nell’Amministrazione; ringrazio anche chi mi ha contrastato in modi chiari e trasparenti, come è giusto che sia in politica.

L’ultimo saluto è a Modena, la città che mi ha dato moltissimo in termini di lavoro professionale, di soddisfazioni e impegni politici e amministrativi.

(Alvaro Colombo)