Occorre ricominciare a parlare di come si organizzerà l’assetto istituzionale nel momento in cui verranno cancellate le Province. Il rischio se no è che, all’ultimo, si costruisca un qualsiasi nuovo disegno istituzionale non capace di rispondere a tutte quelle esigenze che, tuttora, sono costruite sostanzialmente su base provinciale. Ecco la dichiarazione in merito del capogruppo Pd in Consiglio provinciale Luca Gozzoli:

«Stupisce che per settimane il dibattito politico sia stato monopolizzato dalla necessità impellente di cancellare le Province, superare lo storico ente intermedio che, seppur responsabile dello 0,9% della spesa pubblica nazionale, è stato individuato come la causa di molti dei mali che affliggono da decenni il bilancio dei conti pubblici: a tanto “rumore” è seguito, poi, l’assoluto silenzio. Qualche partito aveva addirittura promosso raccolte di firme per il superamento dell’ente. E oggi? Nulla. L’esemplificazione di uno dei mali che affliggono molti partiti il cui simbolo coincide con il nome e l’immagine del leader: una politica fatta di annunci per guadagnare consenso sull’immediato, senza la capacità e la consapevolezza di un progetto. In realtà quella discussione, caduta nel dimenticatoio, deve riguadagnare quota, e per una serie di buoni motivi. Vale la pena, credo, innanzitutto, sottolineare come ogni struttura dello Stato – Prefetture, Questure, Forze dell’ordine, Scuola dell’obbligo, Università, Uffici delle entrate, Camere di commercio, solo per fare qualche esempio – sia organizzata a livello provinciale e che, quindi, la razionalizzazione e la riorganizzazione debba essere di tutti gli uffici decentrati dello Stato, non solo per ottenere risparmi ma per rendere efficace il sistema e per sostenere in modo adeguato gli sforzi necessari per uscire dalla crisi. Non dimentichiamo, poi, che anche le organizzazioni di categoria, i sindacati, le associazioni sono organizzate su rete provinciale e buona parte dei servizi alla persona hanno come riferimento l’ambito provinciale, pensiamo solo alla sanità. Ormai siamo prossimi alla fine della legislatura e quanto previsto dal governo Monti per il futuro delle Province, con il ruolo cardine delle Regioni, non fa passi in avanti. Il rischio concreto è quello di una affannosa rincorsa all’ultimo minuto alla costruzione di un nuovo disegno istituzionale. Con la conseguente incertezza nello sviluppo di molte politiche di programmazione e sviluppo: quelle economiche, ambientali, la formazione, commerciali, lo sviluppo delle infrastrutture. Il rischio, se non si accelera il processo, è che soprattutto i soggetti istituzionali più deboli, i piccoli Comuni e quelli di medie dimensioni, non possano più aver garantito un confronto di merito sulle grande questioni e che le decisioni strategiche volgano tutte a favore dei territori più forti e dinamici. Lo stesso problema si potrà verificare nel già complesso rapporto fra Comuni, nell’ambito della gestione dei rifiuti, delle risorse (l’acqua, ad esempio), nel ricorso alle energie rinnovabili. Occorre avviare subito una fase di studio e confronto, per uscire dalla crisi e trovare risposte per il rilancio. Dobbiamo avere la forza di disegnare un nuovo assetto istituzionale nella Regione che consegni ai Comuni il giusto ruolo in un nuovo equilibrio, superare le risposte burocratiche costruite lontano dalle esigenze dei territori, investire risorse nello studio di progetti che possano rilanciare il ruolo delle Unioni e prefigurare nuovi soggetti istituzionali che costruiscano inedite alleanze fra Unioni e territori. Oltre le Province per una nuova sfida».