‘Azienda Emilia’, neanche la crisi ferma l’innovazione. Sono 154, infatti, i contratti di ricerca che gli atenei regionali hanno in corso con le nostre imprese, il 38% dei quali avviati anche in assenza di contributi pubblici e sostenuti interamente dalle aziende con 8,7 milioni di euro. E ora, forti di questi risultati, si punta ad accelerare ancora, trasformando imprese coinvolte e giovani ricercatori in ‘piazzisti’ dell’innovazione, per convincere nuove aziende, anche medio piccole, ad avviare attività di ricerca industriale con i laboratori della Rete Alta Tecnologia.

È stato questo l’obiettivo di Campus Cloud, l’evento organizzato oggi da Aster – il consorzio che coordina la Rete Alta Tecnologia – a Cadriano. Un non-convegno che per un giorno ha riunito in una sede insolita 20 imprese che fanno ricerca, 60 giovani ricercatori e 20 imprese che potrebbero essere interessate ad iniziare. Suddivisi in 20 tavoli hanno lavorato tra loro, confrontandosi a ruota libera: un imprenditore che fa ricerca, uno che potrebbe iniziare e tre ricercatori per ogni tavolo, tutti dello stesso settore, cercando insieme nuovi progetti su cui investire.

“In Emilia-Romagna – spiega il presidente di Aster Fabio Rangoni – la Rete Alta Tecnologia rende possibile quella collaborazione tra imprese e laboratori delle università senza cui la strada della ricerca resterebbe preclusa a gran parte delle Pmi. È un’occasione fondamentale che vogliamo coinvolga sempre più imprese. Per questo abbiamo organizzato un evento che, saltando burocrazie e formalismi, fa incontrare faccia a faccia imprese e ricercatori. Crediamo sia il modo migliore per superare pregiudizi e trovare occasioni di collaborazione”.

I risultati del laboratorio di oggi si vedranno nelle prossime settimane. Campus Cloud, intanto, ha fatto registrare il tutto esaurito. E tra le aziende che sono riuscite a partecipare troviamo tante piccole e medie realtà, ma anche grandi nomi come Marazzi, Barilla, Datalogic e Magneti Marelli, che già lavorano con la Rete e che hanno portato la loro testimonianza e hanno accettato di mettersi in gioco per far salire a bordo anche altre imprese. Tutto esaurito anche sul fronte dei ricercatori, arrivati da tutti i laboratori dell’Emilia-Romagna.

La Rete Alta Tecnologia è, infatti, uno strumento che funziona. Lo raccontano i numeri, aggiornati al 16 aprile scorso. Da quando è stato avviato il monitoraggio, tre anni fa, i contratti di ricerca stipulati con le imprese sono stati 672 per un valore complessivo di 56,4 milioni di euro, di cui 32,1 provenienti da finanziamenti pubblici e 24,3 direttamente dalle aziende. Oggi i contratti attivi sono 154, per un valore di 22,9 milioni di euro: di questi 75 finanziati (con 14,2 milioni) e 79 autosostenuti dalle imprese (per 8,7 milioni – pari al 38% del totale).

I laboratori della Rete sono articolati in sei Piattaforme tecnologiche. Quella che raccoglie oggi il maggior numero di contratti è Meccanica e materiali, con 36 contratti (3,6 milioni), seguita a ruota da Agroalimentare con 32 (2,7 milioni) e da Scienze della vita con 26. Quest’ultima è anche quella che presenta la percentuale più alta degli importi versati direttamente dalle imprese – ben il 78,4%, corrispondente a 4,1 milioni su 5,2 – e l’ammontare medio più alto, con 203mila euro a progetto. Seconda in classifica, per valore medio dei contratti, è la piattaforma Energia e ambiente, con 193mila euro (12 progetti in tutto, solo il 12,8% dell’ammontare però è autofinanziato dalle imprese).