Ad un mese dalla prima terribile scossa di terremoto che ha interessato la nostra regione, nonostante l’emergenza, i presidenti Monti ed Errani risulta non abbiano ancora predisposto la domanda per accedere ai fondi europei rivolti ad operazioni di prima necessità, servizi di soccorso, interventi nelle infrastrutture, forniture di assistenza e alloggi, operazioni di ripristino e sgombero, protezione del patrimonio culturale al fine di impedire ulteriori danni.

Nella seduta antimeridiana dell’Assemblea legislativa del 23 maggio scorso, due giorni dopo il sisma, avevo formalmente chiesto al Presidente Errani di attivarsi immediatamente, richiedendo l’accesso al fondo europeo di solidarietà. Avevo chiesto alla Giunta di anticipare i tempi, evitando gli errori commessi quest’inverno nella fase emergenza neve, invitando i nostri amministratori a prendere contatti con il vicepresidente della Commissione europea, l’On. Antonio Tajani, il quale si era reso fin da subito disponibile ad aiutare gli emiliano-romagnoli. Nel giorni immediatamente successivi al sisma, infatti, Tajani, aveva dato la disponibilità ad erogare in tempi rapidi fondi UE, 200 milioni di euro, attraverso il fondo europeo di solidarietà, per la ricostruzione.

Siamo ancora in piena fase emergenza, 14.071 sono le persone costrette a lasciare la propria abitazione a causa del sisma, 13.500 nella sola Emilia Romagna, in 9.652 vivono nelle tendopoli.

Tajani si è impegnato anche ad aiutare il comparto lattiero-caseario, consentendo l’impiego immediato dei fondi agricoli UE non ancora utilizzati: riallocando i finanziamenti dei programmi di sviluppo in corso. Stiamo parlando di altri 100 milioni di euro. Il Commissario europeo per l’Agricoltura, Dacian Ciolos, e la direzione generale della Commissione hanno già dato la loro disponibilità, anche se, a quanto pare, manca ancora la richiesta italiana.

Inoltre, la Commissione europea ha dato la propria disponibilità, sempre in riferimento alle aree colpite dal sisma, di prevedere sgravi fiscali, incentivi per da delocalizzazione delle imprese e l’allentamento del patto di stabilità. Una serie di misure fondamentali per il settore produttivo piegato dal terremoto. Azioni che Monti ed Errani avrebbero già dovuto ratificare.

(Fabio Filippi)