Non so se le due ore e mezza di seduta previste dal consiglio provinciale aperto per affrontare, lunedì, il tema dell’abolizione della Provincia di Reggio Emilia saranno sufficienti per questo importante oggetto, ma dato che non vi potrò partecipare colgo l’occasione per una breve riflessione e un ringraziamento alla Presidente del Consiglio Provinciale per l’invito.

Credo che possiamo convenire tutti sulla necessità di riformare il nostro sistema delle istituzioni e delle rappresentanze amministrative per rendere il paese meglio attrezzato a rispondere alle esigenze dei cittadini, ma ogni volta che si tocca un sistema consolidato ci si deve scontrare con le legittime richieste di tutela da parte di chi è messo in discussione e le meno legittime richieste di chi si oppone al cambiamento perché vede messe in discussione consolidate certezze.

La prima versione di riforma proposta dal governo Monti prevedeva la trasformazione delle attuali province in enti di secondo grado con funzioni di coordinamento e di programmazione perdendo le funzioni proprie e l’elezione diretta, questa proposta è stata contestata in particolare in quanto privava i cittadini di un ente intermedio fra la Regione ed il Comune, impoverendo il sistema della rappresentanza diretta su alcune importanti competenze.

Ora la nuova versione uscita dal Consiglio dei Ministri ripristina l’istituzione provinciale elettiva e titolare di funzioni proprie ma ne stabilisce la dimensione in base a criteri vincolanti di popolazione ed estensione territoriale.

La Provincia di Reggio Emilia non rientra in questi parametri.

Ora se vogliamo dare un serio contributo al dibattito dobbiamo rispondere ad alcuni quesiti risultanti da questa proposta: il mantenimento di un organo elettivo con funzioni proprie è meglio o peggio della creazione di un ente di secondo grado con funzioni di coordinamento? La ricerca di una dimensione appropriata di popolazione e di estensione potrà favorire opportune politiche di area vasta e la necessaria massa critica per definire politiche di governo del territorio? La ridefinizione di questo livello amministrativo costringerà anche le altre amministrazioni, Regioni e Comuni, a ripensarsi e a ridefinirsi?

Mi auguro decisamente di sì in tutti e tre i casi, altrimenti questa riforma sarà totalmente inutile, o addirittura dannosa, e sarebbe stata preferibile la prima ipotesi avanzata da Monti, che metteva tutte le Province sullo stesso piano cambiandone radicalmente la natura.

Proviamo ad uscire dal dibattito sui criteri – ognuno potrebbe individuare quelli che lo salvaguardano – per affrontare con questa occasione l’inizio di un processo riformatore in cui le amministrazioni dello stato, e la politica, possano dare un contributo.

Se cambiano le Province pensiamo che i Comuni possano rimanere inalterati? O questa può essere l’accelerazione del processo di aggregazione in unioni o fusioni fra comuni? Le stesse Regioni dovranno definire in modo efficace quali materie delegare e quali no alle nuove Province e soprattutto evitare lo sdoppiamento e la sovrapposizione delle competenze fra i diversi livelli amministrativi.

Finalmente l’intuizione di individuare e condividere politiche di area vasta dovrà trovare una formula concreta e non rimanere solo un auspicio.

Certo una riforma organica e complessiva sarebbe stata certamente meglio ma in questo modo si rischia di non farla mai, meglio il rischio di iniziare sapendo che il percorso non si esaurisce e soprattutto che semplificare e banalizzare troppo non serve a nessuno.

In particolare il fatto che nella nostra regione alcune province rientrino nei parametri e altre no non significa che alcune meritano di sopravvivere ed altre di scomparire, dato che non si possono cancellare i cittadini che vi vivono e le imprese che vi producono sarà necessario dare vita a nuove dimensioni amministrative che includeranno le province che rispettano i parametri con quelle che non li raggiungono, alla fine la dimensione amministrativa risultante sarà nuova comunque per tutti.

Questa è la vera sfida.

(Roberto Ferrari, Segretario provinciale Pd Reggio Emilia)