“Condivisione sostanziale” e “apprezzamento generale”, anche se sempre con qualche precisazione necessaria: il progetto di legge della Giunta “Norme per la ricostruzione nei territori interessati dal sisma del 20 e 29 maggio 2012” ha nel complesso superato il giudizio dei soggetti interessati, dai sindaci delle zone colpite alle associazioni di categoria passando per gli ordini professionali, convocati oggi in udienza conoscitiva dalla commissione regionale Territorio, ambiente, mobilità, presieduta da Damiano Zoffoli.

Come ha spiegato nella sua introduzione l’assessore alla Programmazione territoriale, Alfredo Peri, “la legge non vuole stravolgere la pianificazione territoriale locale, ma favorire il ripristino delle condizioni esistenti e migliorare la sicurezza e l’efficienza energetica degli edifici”, sempre seguendo “un doppio criterio procedurale, caratterizzato sia da una indispensabile partecipazione che da tempi approvativi rapidi”, privilegiando “scelte di priorità, perché il patrimonio richiesto è superiore ai fondi disponibili”.

Il sindaco di Novi di Modena, Luisa Turci, parlando anche a nome di tutti i Comuni dell’Unione terre d’Argine, ha chiesto chiarimenti “sul limite massimo ‘volume-sagoma’ dei nuovi edifici”, che a suo parere potrebbe “rischiare di compromettere la ricostruzione rallentandola”; sugli “accertamenti per le opere abusive”, per “non penalizzare le sanatorie per gli abusi di lieve entità”; sul criterio di “non recuperabilità degli edifici vincolati” e, infine, sulla possibilità di “ridurre i tempi delle procedure per alcuni Comuni”. Antonio Dondi, di Confservizi Emilia-Romagna, ha sostenuto l’importanza di inserire “una norma anche per l’arricchimento della dotazione di infrastrutture informative, a partire dalla banda larga”, mentre Rita Pareschi, responsabile Ambiente e territorio di Legacoop Emilia-Romagna, pur “condividendo sostanzialmente” l’impianto della norma ha chiesto diverse modifiche, dalla “possibilità di sospensione della progettazione, se necessario”, alla “deroga per i miglioramenti energetici e di sicurezza nei centri storici, dove non sempre è possibile” farlo passando per “una alternativa alla ricostruzione totale degli edifici storici”.

Paolo Marco Bianco, presidente dell’Ordine degli ingegneri e degli architetti dell’Emilia-Romagna, si è rivelato tra i più critici, dichiarando “grande delusione per il documento”, perché “sono troppi i problemi che non risolve, a sei mesi dalle scosse stiamo solo partendo con la ricostruzione”. Sulla stessa linea si sono schierati anche gli ordini professionali locali: per Claudio Fornaciari, numero uno dell’Ordine degli architetti di Modena, “ai tecnici è stato lasciato troppo poco tempo per esaminare la normativa”, mentre Elisa Abati, consigliera dell’Ordine degli ingegneri di Modena, ha sottolineato la “mancanza di regole chiare e coordinamento”, a partire ad esempio “dagli oneri di costruzione comunali, che in alcune città sono richiesti e in altre no”.

Mauro Vicini, responsabile economico della Confederazione italiana agricoltori Emilia-Romagna, anche a norme delle altre associazioni del settore ha presentato delle proposte di emendamenti “per una ricostruzione adeguata all’agricoltura di oggi”, a partire dalla “razionalizzazione degli insediamenti”. Irene Cremonini, dell’Istituto nazionale dell’urbanistica dell’Emilia-Romagna, ha concentrato il proprio intervento sulla “tutela dei centri storici”, chiedendo “una definizione più chiara dell’Unità minima di intervento”e ricordando “le problematiche relative agli interventi coordinati tra pubblico e privato”.

Alberto Silvestri, sindaco di San Felice sul Panaro, in provincia di Modena, ha chiesto di introdurre delle modifiche alla norma per permettere alle amministrazioni di “non riservare a sé interventi realizzabili dai proprietari”, e Marina Foschi, responsabile per l’Emilia-Romagna dell’associazione per la salvaguardia e la conservazione dell’ambiente e del territorio Italia Nostra, ha sostenuto il suo “no alla demolizione degli edifici storici”, chiedendo di “conservare il tessuto urbanistico” di fronte “all’ultima generazione di piani urbanistici, che fanno scomparire il restauro come pratica”.

Il segretario della Cgil Emilia-Romagna, Cesare Melloni, pur esprimendo un “apprezzamento generale” ha lamentato “la mancanza di interventi specifici per la ricostruzione delle attività produttive” e l’”assenza di regole per gli appalti volte a far rispettare la legalità”. Paolo Marcolini, del Forum del terzo settore dell’Emilia-Romagna, ha chiesto di “riconoscere anche la funzione sociale degli edifici nei criteri di priorità per la ricostruzione” e Ugo Mazza, del network CasaClima Emilia-Romagna, ha sottolineato come con le certificazione richieste nei nuovi edifici “non si arrivi neanche a rispettare le direttive Ue che saranno obbligatorie dal 2020”.

Gianluca Rusconi ,di Confindustria Emilia-Romagna, ha lodato “un progetto di legge che mette d’accordo anche noi e la Cgil”, anche se ha rivelato come “noi imprenditori speravamo che dal dramma del terremoto nascesse la consapevolezza della necessità di interventi davvero innovativi”. Invece per Roberto Franchini (Cna edilizia Emilia-Romagna) il problema principale di una norma nel complesso positiva risiede “nella mancanza di differenziazione degli interventi a seconda del danno nella stessa Unità minima di intervento, che porterà a uno stillicidio di controversie legali” e secondo Alberto Bergianti, presidente dell’Ordine degli agronomi di Reggio Emilia, a generare le maggiori difficoltà saranno “le richieste di efficientamento energetico”.

Il sindaco di Crevalcore, Claudio Broglia, infine, ha difeso l’operato dalla Giunta da molte delle critiche, ricordando come “non possiamo affidare a questa legge tutti i problemi del mondo”: la sua unica richiesta è che “la legge venga licenziata entro alla fine dell’anno”.