Sono state raccolte in questi tre mesi una volta e mezzo le firme necessarie per l’indizione del referendum: ne bastavano infatti 9mila, e arrivando a quota 13.500 ci sono il 50% di firme in più del necessario. Inoltre, di queste 13.500 firme di cittadini, ben circa 13mila sono accompagnate dalla certificazione dell’ufficio elettorale che attesta l’iscrizione nelle liste elettorali dei firmatari. E’ evidente che la società civile, firmando massicciamente, rivendica il diritto alla partecipazione, alla pubblica istruzione, alla scuola laica, plurale, inclusiva e gratuita della nostra Costituzione. Le tantissime firme arrivano anche per affiancare la voce della città a quella delle centinaia di esclusi dalla scuola pubblica dell’infanzia a Bologna quest’anno, una voce alta che non si arrende a ripiegare per forza sulla scuola privata paritaria, o privata tout court, che non accondiscende a veder negato un diritto e a dover pagare per mandare i figli in una scuola il cui progetto educativo peraltro è di parte.

Le firme sono anche la voce di chi è rimasto senza scuola pubblica, e la spinta della città a riscattarne il diritto alla pubblica istruzione, quella plurale e gratuita. I cittadini si stanno mettendo in gioco per riorientare le priorità della politica in direzione della scuola pubblica, perché i soldi di tutti finanzino la scuola di tutti. La grande dimostrazione di civiltà che Bologna ha dato in questi mesi conferma la vitalità della città, capace di un confronto di spessore e desiderosa di esprimersi sugli indirizzi che la politica deve assumere.

E’ chiaro che la fame di partecipazione non si sazia con le firme, ma ha il suo sbocco naturale in una consultazione cittadina davvero ampia e coinvolgente. Immediatamente a seguire della procedura di verifica delle firme, il sindaco dovrà indire il referendum. E dovrà contraccambiare l’amore che questa città dimostra ogni giorno per la partecipazione, garantendo che la consultazione si svolga con le più ampie possibilità di partecipazione popolare. Sabato 1 dicembre abbiamo preannunciato al sindaco l’imminente consegna e gli abbiamo chiesto un incontro, certi che avrebbe convenuto sull’opportunità di un incontro a breve scadenza avente ad oggetto l’indizione del referendum consultivo. Siamo in attesa di risposta. Ribadiamo con forza l’istanza che abbiamo avanzato già questa estate, ovvero che la data scelta sia quella delle elezioni politiche: un “election day”, oltre a produrre un risparmio per la collettività e per i singoli cittadini, facilita la partecipazione. Trattandosi di referendum consultivo cittadino, quindi senza quorum da raggiungere, l’accorpamento non produce alcuna alterazione ma anzi garantisce una consultazione più ampia e quindi più precisa negli esiti. Una esigenza che la politica, prima di tutti, dovrebbe avvertire: perché non cogliere l’opportunità di una partecipazione ampia e agevole? Niente lo impedisce.

ACCORPARE: POSSIBILE E RAGIONEVOLE Milano 2011: il sindaco accorpa referendum nazionali e referendum locali. Ancor prima, Bologna 1984: il referendum sul traffico viene accorpato con le elezioni europee. E ora, Bologna 2013, accorpamento del referendum sulla scuola con le elezioni politiche? La soluzione, lo suggerisce lo stesso buon senso, comporta un risparmio collettivo e privato, semplifica le cose ai cittadini e alla collettività, e soprattutto facilita la partecipazione. L’art. 7 dello Statuto comunale vieta lo svolgimento (non l’indizione) “in concomitanza con altre operazioni di voto”. Facendo riferimento alla legge, e nello specifico al Testo unico sugli enti locali (d.lgs. n. 267 del 2000), fonte normativa gerarchicamente superiore allo Statuto, l’articolo 8 al comma 4 stabilisce che “le consultazioni e i referendum di cui al presente articolo devono riguardare materie di esclusiva competenza locale e non possono avere luogo in coincidenza con operazioni elettorali provinciali, comunali e circoscrizionali”. Non sono comprese elezioni diverse e, in particolare elezioni politiche nazionali. Lo statuto comunale non può dettare regole in contrasto con la legge, perciò il modo più lineare e corretto di interpretare la regola statutaria è che il divieto di svolgimento dei referendum consultivi stabilito nello Statuto del Comune di Bologna sia inteso come limitato alle elezioni locali (provinciali, comunali e circoscrizionali). Stanti così le cose, nulla osta all’accorpamento. Anzi, molti sono gli argomenti a favore: primo fra tutti, la ragione della partecipazione.