In dieci anni di attività, dal 2003 al 2012, i cavatori hanno estratto nel nostro territorio circa 1’693’990 metri cubi di ghiaia, il 60% circa rispetto ai 2’890’000 metri cubi pianificati nel Piano delle attività estrattive approvato nel 1998. E’ quanto emerge dalle dichiarazioni che ogni anno i cavatori presentano al Comune. Rispetto alla vecchia pianificazione del 1998, resta ancora da scavare oltre un milione di metri cubi di ghiaia. Considerata la crisi edilizia e le decine di migliaia di alloggi sfitti, non sarebbe forse opportuno che Provincia e Comune riconsiderassero la necessità di scavare altri 2,5 milioni di metri cubi di ghiaia come previsto nel nuovo Piano delle attività estrattive approvato nel 2009?

Si tenga presente quanto dichiarato dalla Provincia a mezzo comunicato stampa n. 33 del 13 gennaio 2009 “Il 25 per cento del fabbisogno del Piano provinciale delle attività estrattive sarà ‘congelato’ per tre anni in attesa di verificare gli effetti della crisi sull’edilizia. Lo ha deciso la giunta della Provincia di Modena, su proposta del presidente Emilio Sabattini”;“Fra tre anni – spiega Alberto Caldana, assessore provinciale all’Ambiente – si torneranno a verificare i fabbisogni: se saranno confermati potranno essere ‘scongelati’ due anni dopo, in caso contrario si procederà con la variante”. Già in passato Provincia e Comune scelsero di riciclare i quantitativi di ghiaia residui di una vecchia Pianificazione nella Pianificazione successiva (nello specifico, i residui del Piano delle attività estrattive approvato nel lontano 1986 sono stati riciclati nel Piano successivo approvato nel 1998).

Che senso ha concedere, nel nuovo Piano delle attività estrattive approvato nel 2009, un volume cavabile di 450’000 mc di ghiaia per ottenere in cambio la chiusura di un vecchio frantoio presente lungo l’asta fluviale ad Altolà? Che senso ha la riapertura di Cava Ghiarella, rispetto alla quale manifestiamo tutta la nostra più ferma opposizione, una cava in centro abitato, vicino a scuole, campi sportivi, ad una zona residenziale di pregio?

Perché Provincia e Comune non si fermano a riflettere su una pianificazione che dopo tre anni di “congelamento” rischia di rivelarsi sovrastimata rispetto alle effettive necessità del territorio? Perché non procedere con la variante prospettata dall’Assessore Caldana nel 2009? Perché non promuovere un settore innovativo come quello del recupero degli inerti provenienti dalle demolizioni in edilizia, che può sostituire quelli di cava – come sta avvenendo in molti Paesi europei – e che consente di avere il 30% in più di occupati nel settore e di risparmiare il paesaggio?

Il continuo consumo di territorio, l’impoverimento o peggio ancora, la distruzione del paesaggio agricolo, l’incremento del rischio di inquinamento per le falde acquifere e le forti limitazioni delle capacità di ricarica delle falde dovute alla riduzione dello spessore delle ghiaie, devono suscitare il massimo dell’attenzione da parte degli Enti Locali.

Legambiente ritiene che sia necessario ridurre le previsioni del Piano Escavazioni, puntare sul recupero del patrimonio edilizio esistente, assumere iniziative dirette ad abbattere la produzione di anidride carbonica, scegliere – non solo a parole – la via di uno sviluppo di basato sulla tutela dell’ambiente, sull’occupazione qualificata; sull’innovazione tecnologica e organizzativa, che rappresenta l’unica possibilità per recuperare competitività e tutelare così la miriade di aziende sane che stanno rischiando di scomparire.

Tanto per cominciare basterebbe verificare la coerenza fra la pianificazione provinciale e l’effettiva estrazione da parte dei cavatori.

(Sabina Piccinini – Presidente Circolo Legambiente San Cesario)