Mentre gli imprenditori italiani continuano a scontare gli effetti della crisi, l’imprenditoria straniera va in controtendenza e continua a crescere. A fine 2016 gli le imprese gestite da persone non italiane sono arrivate a quota 571 mila, con una crescita del 25,8% sul 2011, a fronte del -2,7% delle aziende tricolori. E avanti con questi ritmi, arriveranno ad oltre 710 mila nel 2021. A fare il punto sulla situazione è un’indagine dell’Osservatorio di Confesercenti, che però non manca di evidenziare qualche perplessità: a partire dal dubbio che molte di queste attività pratichino forme di concorrenza sleale.
Ce ne ha parlato  Tiziano Motti, l’eurodeputato al parlamento europeo della settima legislatura: “Al top tra le attività scelte dagli stranieri c’è infatti il commercio su area pubblica: gli ambulanti nati fuori dall’Italia sono circa 107.300, il 53,5% del totale. Grandi numeri di imprese straniere anche nella ristorazione e nel servizio bar (quasi 30 mila) e nel food take away e servizi da asporto. Ma gli stranieri dominano anche nei minimarket: se in grandi città del Sud come Napoli o Bari il fenomeno appare contenuto (6-7% delle imprese, la media Italia è 13,5%), in centri come Bologna si arriva a più di due terzi del totale (67,1%). Fotografia simile per gli empori: il 36,3% delle imprese sono straniere, ma a Bologna, Genova e Milano si arriva a 66,0%, 64,9% e 63,2%. Tra i fenomeni ‘emergenti’, invece, si segnalano i centri massaggi, cresciuti dell’89,5% rispetto al 2011, e che oggi sono per il 27,9% appannaggio di imprese stranieri. Ma anche gli autolavaggi, cresciuti del 105,8% rispetto al 2011 e oggi gestiti per il 17,2% da stranieri (a Roma si arriva addirittura al 74,1%). “Rimane però il dubbio che molte di queste attività pratichino forme di concorrenza sleale”, avverte il segretario generale di Confesercenti Mauro Bussoni, che chiede di “procedere ad un piano di controllo accurato dei settori che, dati alla mano, appaiono più a rischio di irregolarità”.