Il Segretario Confederale del pubblico Impiego e Commissario Straordinario della Federazione UIL SCUOLA RUA “Ricerca Università Afam” Antonio Foccillo, e il segretario generale Uil Emilia Romagna e Bologna, Giuliano Zignani, dichiarano:

Apprendiamo con grande disappunto e preoccupazione che l’Università degli Studi di Bologna non ha messo in campo tutti gli sforzi richiesti dal Governo alle pubbliche amministrazioni necessari a contemperare l’interesse alla salute pubblica con quello alla continuità dell’azione amministrativa, assicurando il ricorso al lavoro agile come modalità ordinaria di svolgimento della prestazione lavorativa.

I datori di lavoro hanno il dovere di tutelare il diritto alla salute dei lavoratori soprattutto in presenza dell’accresciuto numero di lavoratori positivi al virus che richiederebbe nelle prossime ore la sanificazione di tutti gli ambienti lavorativi”, evidenziando come – secondo il disposto di cui all’articolo 1, punto 6, del D.P.C.M. 11 marzo 2020, “le Università, gli Enti di Ricerca e le Istituzioni dell’AFAM, dovranno assicurare l’attività ordinaria attraverso le forme di lavoro agile anche in deroga”.

Pensare che una delle motivazioni possa essere la mancanza di dotazione dei supporti informatici ci sembra paradossale. Si sono previste con la circolare 1/2020 misure incentivanti per il ricorso a modalità flessibili di svolgimento della prestazione lavorativa tra le quali misure normative volte a garantire, mediante Consip S.p.A., l’acquisizione delle dotazioni informatiche necessarie alle pubbliche amministrazioni al fine di poter adottare le misure di lavoro agile per il proprio personale.

Ricordiamo che la circolare è stata emanata in data 4 marzo e che a, nostro avviso, l’Ateneo avrebbe potuto sicuramente procedere all’acquisizione della strumentazione mancante per favorire le misure indicate dalle disposizioni governative. Il non averlo fatto è un atto molto grave e irresponsabile stante la situazione emergenziale di Pandemia che stiamo vivendo.

Ci risulta che il personale abbia già fatto ricorso a ferie residue e permessi vari, tra i quali le 36 ore a recupero personale, e che ad oggi sono costretti a continuare a prendere ferie e altri permessi prima di potere avere la modalità di lavoro in remoto. Inoltre, ci risulta che il personale sarà costretto al rientro in servizio dopo il 25 marzo 2020. Chiedere al personale di ricorrere al permesso di ore a recupero si configura come una misura discriminante in quanto il lavoratore sta subendo misure restrittive imposte dal Governo e non è una sua volontà il non prestare l’attività lavorativa.

L’Ateneo non ha inoltre provveduto alla sanificazione dei locali a fronte del contagio da coronavirus di alcuni dipendenti. Comportamento grave che prevede misure sanzionatorie.

Abbiamo chiesto che lunedì 16 marzo si provvede alla immediata sanificazione dei locali interessati, in mancanza della quale si procederà per vie legali.

È stato richiesto all’Università:

  • di conoscere il numero del personale in lavoro agile, o qualsiasi altra forma di lavoro da casa;
  • di conoscere le attività lavorative che richiedono il presidio e la rotazione del personale;
  • di procedere all’acquisizione della strumentazione necessaria all’attività di lavoro agile per il numero massimo di personale;
  • nei casi in cui usufruiti tutti i permessi, per il lavoratore che non può prestare l’attività di lavoro agile e quindi sopperire alla mancata prestazione lavorativa, può farsi ricorso alla fattispecie della obbligazione divenuta temporaneamente impossibile l’applicazione (art. 1256 del c.c., comma 2). La norma di cui all’art. 1256, c.c., comma 2, entra in rilievo in tutti i casi in cui la prestazione lavorativa non sia possibile in modalità di lavoro agile, sempre garantendo il livello essenziale di servizio.

In mancanza di risposte adeguate, prosegue Foccillo, siamo pronti ad intraprendere qualsiasi azione sindacale e legale a tutela della salute delle lavoratrici e lavoratori dell’Ateneo Bolognese.