“Due terzi dei 1.452 nuclei assegnatari dei buoni spesa erogati a Modena nella seconda fase della misura di sostegno non erano seguiti prima dai Servizi sociali, né risultano beneficiari di altre misure nazionali di contrasto alla povertà. Chiaro segnale che il perdurare della crisi economica causata dalla pandemia, sta coinvolgendo segmenti della popolazione finora estranei al sistema assistenziale pubblico e sta impattando anche su nuclei che, pur con difficoltà, prima dell’emergenza riuscivano a mantenersi, facendoli scivolare nelle nuove povertà”.

Lo ha sottolineato l’assessora alle Politiche sociali Roberta Pinelli rispondendo nel Consiglio comunale di giovedì 18 febbraio a due interrogazioni sul tema. Vittorio Reggiani del Pd ha chiesto chiarimenti su: associazioni del Terzo Settore coinvolte nella distribuzione degli aiuti alimentari; risorse gestite, rendicontazione e forme di verifica attuate; se la rilevazione dei bisogni ha portato a sperimentare nuovi progetti o a ripensarne e se sono emersi nuovi spazi di coprogettazione con il Terzo settore; quali i programmi per il 2021 e se sono previste azioni future di supporto.
Nell’altr istanza Piergiulio Giacobazzi di Forza Italia ha chiesto, inoltre, dettagli relativi all’importo esatto stanziato per la seconda fase e a quello distribuito; alle domande presentate, ammesse, respinte e con quali motivazioni, alla ripartizione tra richiedenti italiani e stranieri, anche in riferimento a coloro che tra i richiedenti non si erano mai rivolti prima ai servizi sociali; ai controlli preventivi l’assegnazione dei buoni e a quelli successivi.
Rispondendo alla prima interrogazione, l’assessora ha citato, a titolo d’esempio di coprogettazione, due progetti innovativi: uno di accoglienza diffusa sul territorio, che in questa fase coinvolge parrocchie e locali messi a disposizione dalla diocesi, a favore di persone adulte fragili; l’altro mira invece ad affrontare il fenomeno della povertà educativa con l’obiettivo di accompagnare alcune famiglie del polo sociale 2 ad acquisire le competenze per accedere a servizi e opportunità della città.
“La povertà educativa, cui ha contribuito anche la chiusura delle scuole per il lockdown con aumento della dispersione scolastica, è un tema strettamente collegato all’aumento delle disuguaglianze, accanto a quello della presenza di una fascia di popolazione monoreddito pesantemente colpita dalla crisi”, ha spiegato l’assessora. “La consegna dei pacchi alimentari è stata, quindi, l’occasione per aprire dialoghi con famiglie e persone non conosciute dai servizi che hanno espresso ulteriori fragilità e bisogni. Le maggiori fragilità sono state riscontrate nelle famiglie con minori e nelle persone sole e non completamente autosufficienti. Queste nuove fragilità emerse dall’analisi che si sta conducendo rappresentano utilissimi riscontri per la programmazione dei futuri interventi di sostegno alle famiglie in condizioni di disagio. Al tempo stesso, il ripensamento del servizio territoriale, che è in atto, mira a creare sinergie con il Terzo Settore per attivare nuovi percorsi educativi”.
In merito ai singoli quesiti, nella seconda edizione di buoni spesa al Comune di Modena sono stati assegnati 983.770 euro suddivisi in due linee d’intervento: alla prima sono stati assegnati 250.000 euro per la distribuzione di pacchi alimentari tramite il terzo settore; la seconda, pari a 758.770 euro, si è tradotta nell’assegnazione di buoni spesa alle famiglie richiedenti. Tra fine dicembre e inizio gennaio sono stati assegnati 17.393 buoni spesa per complessivi 434.825 euro (con le risorse rimanenti i Poli Sociali stanno continuando la distribuzione per garantire continuità agli interventi).
Sono state 1.688 le domande presentate all’avviso, 1.452 (86%) quelle ammesse, delle quali 499 provenienti da cittadini italiani e 953 da stranieri; 230 invece (13,6%) le domande respinte: la maggior parte (104) per la mancanza del requisito della residenza nel Comune; parecchie altre (64) per mancanza di più requisiti o perché erano domande doppie presentate dallo stesso nucleo (37).
Rispetto al totale, molto numerosi, cioè 1.120, i nuclei familiari che non beneficiavano di altre misure assistenziali, con analoga ripartizione tra italiani (384 pari al 34%) e stranieri (736, pari al 65,7%).
I controlli sono avvenuti soprattutto in sede di valutazione delle domande, escludendo preventivamente chi non era in possesso dei requisiti; controlli a campione riguardano invece il patrimonio e vengono fatti incrociando i dati forniti con quelli già in possesso del Comune o reperibili da altre Pubbliche Amministrazioni. Per altro, i buoni sono dematerializzati e si possono revocare informaticamente in tempi rapidi, per quelli già utilizzati e non spettanti vengono avviate le procedure già previste per il recupero.
Per quanto invece riguarda la seconda linea d’intervento, le associazioni coinvolte per la distribuzione degli aiuti alimentari (alcune anche utilizzando risorse proprie) sono state Croce Blu, Acli, Caritas Diocesana, Parrocchie e Croce Rossa che ha distribuito anche i pacchi alimentari dell’Emporio sociale Portobello. Quest’ultimo ha avuto 38mila euro dai fondi straordinari Covid per la distribuzione ai nuclei dei campi nomadi, degli spettacoli viaggianti e per quelle inviate direttamente dai Servizi sociali: complessivamente circa 380 nuclei. Come per la prima fase, si è concordato un pacco alimentare standard del valore di 200/300 euro in base al numero dei membri del nucleo. “La distribuzione è ancora in corso – ha precisato Pinelli – e proseguirà fino almeno a primavera. Anche in questo caso si è infatti optato per una strategia di continuità, con consegne periodiche ripetute nell’arco di diversi mesi, garantendo un sostegno nel tempo alle famiglie. Al termine il Comune chiederà rendicontazione precisa e dettagliata delle spese; inoltre vi è un costante monitoraggio e coordinamento grazie al tavolo coordinato dall’assessorato. Infine, con i fondi straordinari sarà riconosciuto un contributo economico di circa 50mila euro, a titolo di ristoro, anche alla Caritas, tenuto conto che la rete diocesana e parrocchiale ha raggiunto oltre 1000 famiglie”.
Nella replica, il consigliere Reggiani ha sottolineato che dalla risposta emerge che “la rete di aiuti costruita per far fronte alla pandemia ha permesso di intercettare fragilità prima sconosciute e che i servizi stanno lavorando a un ripensamento del servizio in modo da rimodulare la rete di aiuto, una volta conclusa l’emergenza e sulla base delle nuove conoscenze accumulate”.
Mentre il consigliere Giacobazzi, ringraziando per la risposta, ha precisato di essere interessato al tema dei controlli soprattutto in funzione della correttezza della distribuzione degli aiuti “perché – ha spiegato – essendo tanti i soggetti che ne hanno bisogno, bisogna cercare di essere il più possibile giusti”.